Nata a New York nel 1926, Vivian Maier rimase sconosciuta per tutta la vita. Fu scoperta per caso nel 2007 da John Maloof, giovane figlio di un rigattiere che aveva comprato all’asta per pochi dollari un box con i suoi negativi. Maloof stampò alcune foto e le pubblicò ottenendo subito un clamoroso successo internazionale. Il mondo aveva scoperto quella che adesso molti considerano la fondatrice della “street photography”, la fotografia di strada.
Adesso la mostra dedicata a Vivian Maier sbarca al museo di Roma in Trastevere (17 marzo-18 giugno). Ma perché piacciono tanto le fotografie di questa bizzarra e misteriosa fotografa che per vivere faceva la bambinaia? Marvin Heiferman, che ha curato una biografia introduttiva del catalogo della mostra, attribuisce il grande successo della Maier alla sua modernità. Gli attimi, le situazioni e i volti colti dalla sua macchina fotografica sono naturali e autentici.
L’altro aspetto che attrae è quell’alone di mistero che accompagna quest’artista, di cui si sa poco. Figlia di una francese e di un austriaco, lavora per lungo tempo nella Grande Mela e a Chicago come bambinaia ma viaggia molto. Sembra essere attratta dalla fotografia già in giovanissima età e coltiva senza sosta questa passione durante tutta la sua vita. Il suo piccolo bagno diventa così una camera oscura e insieme un archivio di tutti i giornali, quotidiani e documenti che la Maier era solita conservare. Le sue passeggiate al parco e in città con i suoi bambini sono l’occasione per cogliere scene, espressioni, istanti. Insomma, per immortalare la realtà.