La tassa sui robot
inevitabile contro
la disoccupazione

Robot

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La tassa sui robot sembra già archiviata. A poco più di un mese, la proposta lanciata da Bill Gates di far pagare le imposte sulle macchine che sostituiscono i lavoratori è sparita dal dibattito sulla disoccupazione.

Lanciata dal fondatore di Microsoft, l’idea è semplice e sarebbe di facile applicazione. Se un robot prende il posto di un essere umano il cui reddito veniva tassato, bisognerebbe applicargli un’imposta equivalente.  E con il gettito prodotto creare un fondo per formare personale qualificato in grado di svolgere nuovi lavori.

Semplice e facile da applicare, la tassa sui robot è stata però vista come fumo negli occhi dai produttori di macchine intelligenti e dalle imprese che proprio grazie ai robot cancellano migliaia di posti di lavoro decuplicando i profitti. E così decine di mosche cocchiere si sono messe subito a disquisire sul freno che un’imposta del genere provocherebbe sulla ricerca e sullo sviluppo dell’intelligenza artificiale.

Sempre a febbraio, il Parlamento europeo ha bocciato la proposta di tassare quanto prodotto dai robot per costituire un fondo con cui aiutare i disoccupati, frutto dell’automazione su larga scala.

Da noi per bocciare la tassa sui robot si è scomodata la fondatrice di “Report” Milena Gabanelli. In un commento pubblicato sul “Corriere della sera” ha sostenuto che non bisogna tassare la tecnologia, ma la ricchezza. Cosa che  con l’automazione “già succede”, perché le imprese robotizzate “incrementano i loro profitti e pagano più imposte”. Peccato che, trattandosi di multinazionali, queste imprese hanno sedi legali nei paradisi fiscali o in paesi in cui riescono a pagare poche tasse.

Ma l’idea lanciata da Bill Gates sembra comunque destinata ad essere presa in seria considerazione dalla politica. Donald Trump ha vinto le elezioni soprattutto grazie al voto dei lavoratori Usa che prometteva di difendere. In tutto l’Occidente l’immigrazione è vista come un pericolo anche per l’invasione di manodopera a basso costo che fa concorrenza al lavoro legale. Quindi i partiti, a cominciare da quelli di sinistra, se non vogliono suicidarsi, non possono far finta di niente di fronte alla cancellazione di milioni di posti di lavoro provocata dai robot.

Secondo un rapporto pubblicato l’anno scorso dalla Banca Mondiale, il 47 per cento degli attuali posti di lavoro rischia già di essere cancellato dalle macchine. È la dimostrazione che quello della tassa sulle macchine intelligenti non è un sasso lanciato nello stagno. Ma una proposta sensata per affrontare un problema gigantesco. Che poi a farla sia stato Bill Gates (fondatore di Microsoft, uno dei padri di Internet e uno degli uomini più ricchi del mondo) la dice lunga sulla distanza dell’attuale classe politica dai problemi di chi lavora.