Deve essere particolarmente stressata, particolarmente logorata Virginia Raggi. Sul suo profilo Facebook si legge che “dopo sette mesi di lavoro”, è stanca; e si è dunque concessa qualche giorno di vacanza. Raggi ha deciso di “staccare” su consiglio dei medici; ora – come informa il quotidiano “Alto Adige” – si ritempra nella Valle di Siusi: inforca gli sci, occhiali da sole, fascia viola e tuta blu, e via, su e giù per le piste, in compagnia del figlio e dell’ex marito. «Un viaggio improvviso prescritto dai medici». A essere cattivi, si potrebbe dire che il problema non è che Raggi sia “partita”; è che tra breve tornerà, e vorrà continuare a fare quel lavoro che in questi sette mesi tanto l’ha “logorata”; e se si “logora” lei, figuriamoci i romani, che i frutti di questo suo lavoro li devono patire.
In Campidoglio doveva esserci la sua audizione sulle richieste giudiziarie che la riguardano, e i relativi riflessi sulla giunta. Si aspetterà che finiscano le vacanze. Roma si prepara alle cerimonie di sabato, anniversario delle firme dei trattati europei sessant’anni fa. Mezza città è blindata, zone isolate, interdette, vietate; massima vigilanza in previsione di possibili disordini, e manifestazioni, cortei… Insomma una “massima all’erta”. Raggi è in vacanza. Si vede che si può far senza di lei; il sindaco della capitale rinuncia a occuparsi di quello che nella sua città può accadere. Forse è un bene che si astenga, se solo pensiamo a quello che è stata capace di fare, quando ha cercato di “fare”.
Questa storia delle vacanze ha dei precedenti. Ricordate Ignazio Marino? Nei giorni dei funerali “scandalosi” del patriarca dei Casamonica era a “cuocersi” al sole dei Caraibi, tappa di un tour in Texas con moglie e figlia. Poi, prima di tornare, un “salto” di qualche giorno a New York. Qualcuno obietterà: si può essere così duri di cuore da negare una vacanza, si tratti pure del sindaco? Nessuno, figuriamoci. Però, si ricorderà, si era nel pieno dei lavori straordinari preparatori dell’Anno Santo straordinario voluto da papa Jorge Bergoglio. Magari, giusto per salvare la forma, sarebbe stato più “elegante” andare in vacanza a Fregene. Ad ogni modo, vediamo che per quel che riguarda vacanze in momenti sbagliati, c’è una sorta di continuità.
C’è continuità anche per quel che riguarda i ristoranti. È capitato che Marino sia andato a cene o pranzi privati, e poi abbia pagato con la carta di credito che aveva a disposizione per spese istituzionali. Figuravano come spese di “rappresentanza”, pranzi e cene di lavoro. “Distrazioni” che capitano. Quando la cosa è venuta fuori Marino ha provveduto a rimborsare le spese sostenute; alla fine, si è risolto in una figuraccia.
Raggi non paga con la carta di credito capitolina; però almeno in una occasione sembra non abbia pagato il conto di un pranzo. Un equivoco, si dice: lo chef, saputo che al tavolo c’era Raggi, si affaccia per felicitarsi di averla come “ospite”, e voleva dire come cliente del ristorante; lei invece quell’“ospite” lo prende alla lettera, e pensa di essere “ospitata”. Però “ospite” o “ospitata”, una mancia ai camerieri l’avrebbe potuta lasciare; si sarà distratta un momento.
Cosa ricavarne? Che forse sarebbe meglio che i sindaci (quelli di Roma, almeno), prendano l’abitudine di mangiare a casa, o di farsi portare un take away in ufficio. E se proprio sono “logorati”, se ne vadano qualche giorno in vacanza, quando a Tor Vajanica o a Sabaudia, comunque non più in là di Santa Marinella. Poi, quando non sono più sindaci di Roma facciano quello che gli pare.