È quasi un calcio alla democrazia rappresentativa in favore della democrazia diretta formato internet. I cinquestelle del Campidoglio vogliono esportare a Roma Capitale “la democrazia della Rete” realizzata per il M5S da Gianroberto e Davide Casaleggio. L’obiettivo è introdurre la possibilità di petizioni online e sperimentare il voto elettronico per i referendum comunali. La proposta di delibera per modificare lo statuto di Roma Capitale viene dalla maggioranza cinquestelle in Campidoglio. Il traguardo è di passare in cinque anni “da Mafia Capitale alla capitale della democrazia diretta”.
L’idea è presentata in una conferenza stampa, che ha visto la presenza della sindaca di Roma Virginia Raggi. Flavia Marzano, assessora alla Roma Semplice, Angelo Stumi, presidente della commissione Roma Capitale, Riccardo Fraccaro, deputato del M5S, hanno portato ad esempio gli strumenti di azione pentastellati su internet: «Noi usiamo una piattaforma rivoluzionaria, la Rousseau, e vogliamo avviare questo modello anche dentro il sito di Roma Capitale».
Ancora una volta è scontro frontale con i democratici impegnati nel congresso nazionale. Il progetto non piace per niente al Pd, alla guida del governo nazionale e all’opposizione della giunta Raggi a Roma. Stefano Esposito, Pd, ha evocato “un pesce di aprile in ritardo”. Ha avanzato tre contestazioni: 1) quando i risultati della democrazia diretta sul web non piacciono a Beppe Grillo vengono cancellati, come è successo a Genova con la rimozione di Marika Cassimatis vincitrice del voto online per correre da sindaco; 2) il mito della “trasparenza” nella città eterna è stato infranto dai tanti scandali (come l’arresto del capo del personale comunale Raffaele Marra e le imputazioni per reati ambientali dell’assessora Paola Muraro); 3) c’è il bilancio fallimentare della giunta Raggi (dal trasporto pubblico alla nettezza urbana i servizi pubblici essenziali fanno acqua).
La “democrazia della Rete” ha suscitato grandi speranze, ma non ha dato grandi risultati. Grillo è un leader carismatico che, più di una volta, non ha esitato a cancellare i risultati delle elezioni online svolte tra i militanti cinquestelle, imponendo le sue scelte. Ai critici e ai dubbiosi ha risposto: “Fidatevi di me”. Ma il dissenso tra i cinquestelle è forte. Molti militanti usciti o espulsi hanno accusato Grillo di autoritarismo e il M5S di sopportare un deficit di democrazia interna. È il caso di Federico Pizzarotti, il primo sindaco cinquestelle di una città importante come Parma. Il sindaco della città emiliana è ormai in rotta di collisione con Grillo e si presenterà alle prossime elezioni comunali di giugno alla guida di una lista chiamata “Effetto Parma” forse in diverse località nazionali.
È difficile per i pentastellati esportare il loro modello di “democrazia della rete” perché fa cilecca. La democrazia è un meccanismo prezioso e delicato. La democrazia, basata sul Parlamento libero e indipendente dai poteri del re non più assoluti ma costituzionali, nacque a metà del 1600 in Inghilterra. Da allora il processo democratico si è faticosamente affermato prima in Europa, poi in Occidente e quindi a macchia d’olio un po’ in tutto il mondo anche in modo contraddittorio. Certo non mancano problemi e resipiscenze autoritarie, ma la democrazia va avanti. È il modello della democrazia rappresentativa integrata da elementi di democrazia diretta come i referendum popolari. Il Parlamento ha una funzione centrale e i cittadini vengono consultati con i referendum su grandi questioni.
In alcuni casi si sono sperimentate strade diverse, ma con risultati deludenti. Già nell’antica Atene di Clistene e di Pericle, quando nacque il primo esempio storico di democrazia, emersero problemi seri. Per percorrere la via della democrazia diretta dei cittadini nelle assemblee, senza rappresentanti eletti, sorsero gravi ostacoli. Si tentò anche la carta del sorteggio per gli incarichi di governo, ma senza risultati positivi. La democrazia rappresentativa, degli eletti, allora e quindi dall’Inghilterra di John Locke, si è affermata come il modello vincente per garantire libertà, diritti civili e umani. La socialdemocrazia nel 1900 ha arricchito la democrazia liberale, coniugando libertà con eguaglianza economica, portando le masse dei lavoratori all’interno del sistema democratico.
Winston Churchill, il pragmatico premier britannico, deciso avversario del comunismo, che lottò contro nazismo e fascismo, amava ripetere: «La democrazia non è un buon sistema di governo, tuttavia l’esperienza non ce ne ha fornito uno migliore».