Livia Drusilla Claudia e Gaio Giulio Cesare Ottaviano si scrutavano da qualche tempo. Erano vicini di casa sul Palatino, il colle sacro sul quale abitava l’aristocrazia romana. Ogni tanto s’incrociavano per strada. Un giorno dell’anno 39 avanti Cristo Livia prende l’iniziativa: «Ave, vicino della mia dimora e della dimora di Romolo…». Scocca la scintilla dell’amore. Ottaviano, non ancora Augusto e imperatore, è piacevolmente sorpreso: «Ave, mia signora». Paolo Biondi, che per una vita si è occupato di politica e di economia per l’agenzia stampa Reuters, ha dato sfogo al suo entusiasmo per la storia romana pubblicando: «Livia. Una biografia ritrovata» (Edizioni Di Pagina). È un libro a metà strada tra il romanzo, il giallo e il saggio sulla donna che accompagnò Augusto nella costruzione dell’impero.
Anzi, è un doppio libro perché Biondi utilizza i pacchi ripescati di fogli ingialliti scritti dal padre, appassionato di storia romana e della lingua latina, per scandagliare la figura poco conosciuta di Livia e per parlare della fondazione dell’impero romano ad opera di Ottaviano, il figlio adottivo di Gaio Giulio Cesare. L’autore va nei dettagli della storia d’amore tra Livia e Ottaviano: «Aveva imparato a cercarlo per quei vicoli e per quelle scale. Un giorno l’incontrò: non dovette abbassare lo sguardo…».
Da nemici divennero prima fidanzati (ottobre del 39 avanti Cristo) quindi sposi (gennaio del 38) e alleati politici. Livia, discendente della nobile famiglia dei Livii, era la giovane moglie di Tiberio Claudio Nerone, un esponente dell’aristocratica famiglia dei Claudii, un avversario di Ottaviano proscritto e fuggito all’estero e poi rientrato a Roma. Ottaviano sollecita un incontro con Tiberio Claudio Nerone e gli chiede di divorziare. Lui stesso divorzia da Strabonia, bella e matura consorte. Dopo poco tempo Livia e Ottaviano si sposano. Per lei è la seconda volta, per lui la terza.
Avranno una vita matrimoniale lunghissima, rigorosa, abiteranno in due sontuose dimore: una sul Palatino e una fuori Roma in una splendida villa (i resti sono stati riportati alla luce vicino a Prima Porta) al nono miglio della via Flaminia, quasi all’incrocio con la via Tiberina. Ottaviano monopolizza un pezzo del Palatino per costruire la sua dimora, comprando le cinque abitazioni dei più importanti politici e intellettuali della Roma di Cesare: Ortensio Ortalo, Lutazio Catulo, Quinto Cecilio Metello Celere (lì abitò Lesbia cantata da Ovidio), Publio Cornelio Lentulo Sura, Tito Annio Milone.
Accanto all’amore c’è la politica. Biondi scrive: «Ottaviano e Livia erano la coppia della nuova Roma». Ottaviano voleva porre fine a cent’anni di guerre civili che avevano insanguinato Roma. Puntava alla decantata “pax augustea”; intendeva fondare l’impero rispettando, però, formalmente le tradizioni e le istituzioni della repubblica senza urtare troppo i sentimenti di libertà cari a molti aristocratici e a tanti senatori. La difficile impresa gli riuscì dopo aver sconfitto l’antico alleato Marco Antonio, anche perché realizzò con cautela la sua rivoluzione politica, mentre Gaio Giulio Cesare fu ucciso da una cospirazione nel Senato per le sue mire autocratiche.
Livia, donna intelligente, tenace, autocontrollata, simbolo delle virtù repubblicane, collaborò a questo progetto. Tiberio Giulio Cesare Augusto, figlio del precedente marito, divenne il secondo imperatore di Roma e diede vita alla dinastia giulio-claudia che governò per un secolo. Livia non era bella, ma era affascinante. L’autore la descrive così: aveva “un corpo minuto e perfetto” mentre “gli occhi grandi e infiniti nello spazio, sempre vigili e attenti, stregavano l’attenzione di chiunque”.
La dinastia giulio-claudia ebbe potere, ricchezze, allargò, modernizzò e potenziò l’impero romano. Ma fu anche una storia di nefandezze, di violenze, di omicidi, di stragi, di pazzia. La famiglia giulio-claudia si estinse con l’imperatore Nerone. Biondi ricorda un fosco presagio descritto da Svetonio nelle Vite dei Cesari. Un’aquila in volo, scrisse lo storico romano, lasciò cadere su Livia una gallina bianca che teneva nel becco un ramoscello di lauro.
La moglie di Ottaviano “ebbe il capriccio di far allevare la gallina e piantare il ramo”. Ne venne fuori un allevamento di galline e un bosco, ma finì male. Più precisamente: «Durante l’ultimo anno della vita di Nerone tutto quanto il bosco si era disseccato fino alle radici e tutte le galline erano morte». L’imperatore-poeta, indicato come l’uomo che diede fuoco a Roma per ricostruirla più bella, fu costretto alla fuga da una rivolta e decise di troncare la sua vita. Si aprirono anni di caos e di tumulti e poi prese il potere la dinastia dei Flavi.
R.Ru.