La Rai, nel bene e nel male, è una delle principali aziende di Roma e d’Italia. Quando gli automobilisti percorrono la via Flaminia molte volte si irritano alla vista di Saxa Rubra e dell’enorme antenna dell’azienda radio-televisiva pubblica. Il pensiero va immancabilmente all’inviso canone, dall’anno scorso pagato obbligatoriamente nella bolletta della corrente elettrica. E scattano anche dei gesti di nervosismo poco eleganti.
Sui giornali si sono letti i conti esatti del 2016: 1.793 milioni di euro contro i 1.537 incassati nel 2015 da viale Mazzini, quando il canone era ancora pagato su base volontaria. Ben 256 milioni di euro in più. Però gli introiti supplementari non sono riusciti ad evitare l’anno scorso alla Rai un deficit di 25,6 milioni. Gli scontenti sono tanti: oltre agli evasori, che finalmente hanno compiuto il loro dovere, c’è la maggioranza degli “abbonati obbligati” che lamentano la scarsa qualità dei programmi, dei telegiornali e dei giornali radio.
Antonio Campo Dall’Orto aveva fatto grandi promesse di rinnovamento quando si insediò due anni fa. Ma da allora si sono viste ben poche novità tra quelle promesse dal direttore generale della Rai. È prevalso l’immobilismo. In sostanza è rimasto inalterato il vecchio schema di gioco basato su Tg1, Tg2, Tg3 e su Rai Uno, Rai Due e Rai Tre, la tripartizione dell’era Dc, Psi, Pci. La riorganizzazione dell’informazione è rimasta al palo, non si è fatto niente dopo i tentativi, affidati a Carlo Verdelli, e falliti prima ancora del varo.
Ora, però, sembra essere scoccata l’ora X. La Rai ha convocato l’Usigrai (il sindacato dei giornalisti radio-televisivi) per parlare del piano industriale per l’informazione. L’incontro è fissato per il 20 aprile. L’attesa è grande, ma c’è il riserbo più stretto sul progetto. Non si sa come Campo Dall’Orto immagina i nuovi giornali televisivi, radiofonici e web. Non si sa se il progetto preveda l’unificazione delle testate giornalistiche (come stabiliva il piano, poi naufragato, dell’ex direttore generale Luigi Gubitosi) o delle nuove iniziative (tempo fa si parlava della nascita di una specifica testata web al posto di quella collocata all’interno di Rainews).
Viale Mazzini prepara “un uovo di Pasqua”, ma non filtra un’indiscrezione sul progetto. C’è il massimo riserbo sia sull’”uovo di Pasqua” sia sulla possibile “sorpresa”. Occorrerà vedere se sarà “brutta” o “bella”. Negli ultimi tempi Campo Dall’Orto si è mosso con grande prudenza. Si è limitato a dire: la Rai deve offrire «contenuti e modalità di fruizione adeguate ai tempi che viviamo». Ha indicato l’obiettivo di trasformare l’azienda «in una moderna ed efficiente media company».
L’Usigrai si aspetta la valorizzazione delle professionalità interne, l’ammodernamento tecnologico dei sistemi di produzione, il potenziamento delle iniziative soprattutto di servizio pubblico, il motivo per il quale i cittadini pagano il canone. Del resto i numeri parlano da soli: dal canone la Rai incassa 1.793 milioni di euro contro i circa 800 milioni provenienti dalla pubblicità e da altre voci minori. Il rapporto tra canone e pubblicità è di oltre 2 a 1 in favore del primo. Anche la preponderanza finanziaria del canone sulla pubblicità deve avere una ricaduta sui contenuti dei programmi e dell’informazione.
Campo Dall’Orto deve aver preso atto del problema, così ha annunciato per la fine di aprile una nuova tv dei ragazzi, immaginata con criteri di servizio pubblico. Tuttavia i problemi per il direttore generale della Rai non mancano: sembra che debba fronteggiare, oltre alla battaglia con l’Usigrai, le ire di Matteo Renzi, insoddisfatto della gestione. Non a caso Michele Anzaldi, deputato iper renziano, componente della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai, ha più volte attaccato Campo Dall’Orto, un tempo gradito all’ex presidente del Consiglio ed ex segretario del Pd.
Non a caso si è perfino parlato di un’uscita del direttore generale dall’azienda. Dagospia ai primi di marzo ha scritto: «Camposanto Dall’Orto pensa alle dimissioni». Solo due dati sono certi:1) la Rai è una delle poche aziende pubbliche ancora saldamente in piedi, indenne da bancarotte e da svendite a privati; 2) è stata capace di reggere e di vincere sul mercato la concorrenza di colossi come Mediaset, Sky e La7.