Silvio Berlusconi alla fine lascia il Milan. È finita un’era per il pallone. L’americano James Pallotta ha comprato alcuni anni fa la Roma, i cinesi dopo l’Inter di Moratti, acquistano il Milan del Cavaliere. La società di calcio rosso-nera va a una cordata cinese guidata dall’uomo di affari Yonghongh Li. La Fininvest, la finanziaria della famiglia Berlusconi, incassa 740 milioni di euro (compresi 220 milioni di debiti).
Cambia il panorama calcistico italiano. Silvio Berlusconi, dopo 31 anni, cede la proprietà del Milan, uno dei più prestigiosi club calcistici italiani, europei e mondiali. I motivi sono finanziari: «Lascio e lo faccio con dolore e commozione, ma ho la consapevolezza che il calcio moderno, per competere ai massimi livelli europei e mondiali, necessita di investimenti e risorse che una singola famiglia non è più in grado di sostenere».
Cambia un mondo. Dopo 31 anni Berlusconi lascia il Milan, la squadra che consacrò la sua ascesa tra i grandi imprenditori italiani. Allora tutti i maggiori nomi dell’industria e della finanza del Bel paese possedevano un club: il calcio, il più popolare sport nazionale, produceva e produce consenso e funge da traino alle varie attività produttive.
Poi è arrivata la Grande crisi internazionale che ha colpito con particolare virulenza l’Italia e la “tigre” cinese, la nuova potenza economica mondiale, si è mossa aprendo generosamente il portafogli. Ha cominciato a fare incetta prima di calciatori e allenatori europei (in particolare italiani) e poi dei più blasonati club.
Berlusconi, dopo un anno di dure trattative sull’orlo della rottura, ha deciso di vendere anche perché ha spuntato un ottimo prezzo ed ha bisogno di liquidità. La francese Vivendi ha fatto incetta di azioni Mediaset puntando al 30% dell’azienda televisiva, la perla del gruppo Fininvest. Ma se Berlusconi alla fine ha lasciato il Milan, tuttavia non vuole mollare né il suo impero imprenditoriale nè la politica. Anzi, il fondatore della Fininvest, del Pdl e di Forza Italia sta riflettendo su come rilanciare sia sul fronte imprenditoriale sia su quello politico.
A 80 anni di età è ancora pimpante e si prepara alle elezioni politiche previste all’inizio del 2018, ma possibili anche prima. Si contrappone a Matteo Renzi e si pone come l’unico uomo capace di battere il populismo cinquestelle in ascesa di Beppe Grillo. Vuole allearsi al leghista Matteo Salvini, ma gli nega la leadership del centrodestra. Ha già abbozzato un programma elettorale. Il presupposto è che «non si può uscire dall’euro perché ci costerebbe caro». Vuole rassicurare il ceto medio impaurito e combattere la povertà. Rilancia vecchi cavalli di battaglia e ne inventa di nuovi. L’obiettivo è tagliare le tasse e rilanciare l’economia: 1) punta a una doppia circolazione monetaria, l’euro assieme a “una nuova lira”; 2) pensioni minime a mille euro per tutti, “pensione alle nostre mamme”; 3) “nessuna tassa sulla prima casa, sulla prima auto, sulle successioni”; 4) aliquota fiscale sui redditi tra il 22% e il 24%, la flat tax.
Anche se non riuscirà a vincere le elezioni, punta ad avere una forza parlamentare consistente nelle future Camere. C’è chi non esclude un governo di grande coalizione con il Pd se dalle urne dovesse uscire una situazione di ingovernabilità. Intanto loda “lo stile” di Paolo Gentiloni, successore di Renzi alla presidenza del Consiglio, e pratica la strategia di “una opposizione responsabile” che ha aiutato il governo in momenti difficili.