Tra circa un mese sapremo se il lago di Nemi racchiude un’altra magnifica sorpresa romana dei tempi di Caligola: la terza delle navi che l’imperatore si era fatto costruire sul lago, uno dei luoghi più sacri – secondo alcuni il più sacro in assoluto – di Roma e dintorni.
Una campagna di ricerche con scandagli elettronici e sonar si è svolta dal 5 al 12 aprile scorso, prima di Pasqua, ed i risultati di quella mole di dati raccolti saranno appunto decrittati e resi pubblici fra circa un mese. Quello che già si può dire come primo importante risultato delle ricerche è che sono emerse «complicazioni dovute al fatto, ignoto finora, che nella zona sul fondo del lago nella quale si ipotizza la presenza della nave c’è stata una lunga e profonda frana del fondale, sicuramente successiva al 1827», racconta l’architetto Giuliano Di Benedetti, lo studioso di Genzano al quale si devono le ricerche. Della nave infatti si è parlato fino agli inizi dell’Ottocento, poi più nulla, come se fosse svanita nel vento, o meglio, in acqua. Le ricerche si sono così concentrate sulle altre due, ripescate da altre zone del lago nei primi decenni del Novecento.
Lo studioso di Genzano – che ha convinto il sindaco di Nemi ad organizzare questa campagna di ricerche – racconta, un po’ deluso, che «con gli scandagli non si è vista la nave come ci si aspettava», probabilmente a causa della frana che in quella zona colpì lo scosceso fondo del lago, lago di natura vulcanica quindi col fondale a forma di cratere e sul lato orientale, quello delle ricerche appunto, molto scosceso.
Sappiamo ormai tutto delle prime due navi di Caligola, riscoperte agli inizi del secolo scorso e riposte in un museo nelle quali però andarono a fuoco nel 1944, probabilmente uno “sgarro” ad opera delle truppe tedesche al momento della ritirata durante la Seconda guerra mondiale. Con l’incendio se ne andò in fumo quasi completamente la parte in legno, compresi i due scafi. Sono rimasti comunque diversi reperti in pietra dei colonnati e dei fregi che le adornavano, dei ricchi pavimenti in marmo, oltre a gran parte delle opere in bronzo, come balaustre, ghiere di timoni e testate di travi riccamente cesellate. Possiamo ancora ammirare una splendida Medusa, teste di animali, erme bifronti poste in cime alle colonnine delle balaustre, in gran parte conservate al Museo romano di Palazzo Massimo a Roma e in parte al Museo delle navi a Nemi. Già il recupero delle navi fu fatto con un ingegnoso metodo di prosciugamento parziale e temporaneo del lago sfruttando il suo antico emissario di epoca romana e rimettendolo in funzione con una grandiosa opera di restauro e di ingegneria, opera che attirò attenzione e curiosità da tutto il mondo.
Caligola, figlio di Germanico, nipote di Druso e bisnipote di Livia, la moglie di Augusto, aveva scelto questa magnifica località dei castelli romani per la sua villa non solo per il fresco dei boschi e i magnifici panorami a poche miglia da Roma, ma anche – come dicevamo – perché le rive del lago di Nemi ospitavano un antichissimo tempio di Diana, sorella di Apollo, dea dei boschi e della caccia, ed erano considerate uno dei luoghi più sacri di tutto il Lazio. Questo il motivo per il quale Caligola si fece costruire le navi: non solo luoghi di abitazione e di originalissime feste, ma anche e soprattutto come templi.
Quella di stupire con opere sulle acque doveva essere una vera e propria ossessione dell’imperatore che succedette ad Augusto e a Tiberio. Ci racconta infatti Svetonio che, poiché l’astrologo Trasilo aveva detto a Tiberio – in cerca di notizie sulle ipotesi circa la sua successione – che Caligola «ha tante possibilità di diventare imperatore quante ne ha di attraversare a cavallo il golfo di Baia», una volta divenuto imperatore volle sbeffeggiare il vaticinio dell’indovino. Scrive lo storico nelle sue Vite dei Cesari infatti che, giunto al potere, Caligola «fece costruire tra Baia e la diga di Pozzuoli, che separava uno spazio di circa 3.600 passi, un ponte formato da navi da carico, riunite da tutte le parti e collocate all’ancora su due file: poi le si ricoprì di terra dando a tutto l’insieme l’aspetto della via Appia. Per due giorni di seguito non la smise di andare e venire su questo ponte» a cavallo.
Si diceva che delle due navi recuperate dal lago di Nemi, benché andate in gran parte distrutte nell’incendio, sappiamo quasi tutto a cominciare dalle ragguardevoli dimensioni: erano lunghe 70 metri e larghe una ventina la prima e la seconda ben 28 metri. Ma se fossero vere le informazioni sulla terza farebbero impallidire queste misure: secondo gli studi di Giuliano Di Benedetti sarebbe infatti lunga 134 metri e larga 67, facendola diventare la più grande e maestosa imbarcazione di cui si abbia notizia dei tempi dell’antica Roma.
L’architetto di Genzano si rifà agli studi che sulla nave, la cui esistenza fu raccontata per secoli dai pescatori del lago che ogni tanto vedevano le loro reti impigliate e raccoglievano qualche frammento di statua e di marmo, o di bronzo, furono effettuati da metà Quattrocento ai primi decenni del Cinquecento. In particolare quel che sappiamo lo dobbiamo agli scritti di Francesco De Marchi che fece una campagna di studi e di indagini sull’esistenza della barca sfruttando la scienza di Leonardo da Udine, lo studioso noto per avere pubblicato nel 1551 una preziosa planimetria di Roma rinascimentale.
Secondo i due studiosi, che fecero le loro ricerche anche con l’aiuto di palombari, le dimensioni della nave i cui bordi affioravano dalla melma del fondale erano di 60 per 30 canne. Di Benedetti al riguardo è sicuro: la canna alla quale si fa riferimento sarebbe la cosiddetta canna architettonica romana che è una unità di misura pari a 2,234 metri, misura che porterebbe alle dimensioni che si dicevano, circa 134 per 67 metri. Dimensioni a parte, se l’esistenza della nave venisse confermata si tratterebbe di una scoperta di eccezionale valore, visto gli enormi tesori che già le prime due navi hanno riservato.
Per questo sulle ricerche svoltesi nel lago di Nemi ai primi di aprile sono stati accesi i riflettori degli studiosi e della stampa di tutto il mondo. Anche perché Caligola è un imperatore noto soprattutto per le sue stravaganze, ma che ebbe un indiscusso valore ancora in gran parte da studiare e scoprire. Una scoperta come quella della terza nave di Nemi, se confermata, potrebbe dare un incredibile impulso a tali studi oltre che arricchire il già strepitoso patrimonio archeologico, sia artistico sia di valore storico, di Nemi.
La speranza è che la frana non abbia fatto danni irreparabili. Il mistero della terza nave continua affascinante.