A dieci mesi dalla trionfale conquista grillina del Campidoglio, la capitale è una città senza sindaco. “Ora lavoro per Roma”, aveva dichiarato Virginia Raggi al momento del suo insediamento (22 giugno). Il problema è che, a distanza di quasi un anno da quella solenne promessa, non ci sono tracce del “lavoro” della sindaca che fu eletta – non dimentichiamolo – con oltre il 67 per cento dei voti, un plebiscito che le permise di raggiungere la maggioranza assoluta dell’assemblea capitolina.
Dieci mesi dopo, Roma si presenta in condizioni difficili da immaginare per chi viene da fuori: strade piene di buche, raccolta differenziata che non funziona con i cassonetti traboccanti di rifiuti, sempre più spesso circondati da topi e gabbiani. Si è visto anche qualche cinghiale. Per non parlare del trasporto pubblico. Un “servizio” degno d’una città del Terzo Mondo.
I bus sono vecchi e malandati. Ogni giorno almeno un terzo risulta fermo in officine sempre a corto di pezzi di ricambio. Dei 150 nuovi mezzi ordinati dalla giunta Marino e messi in gara dal commissario Tronca, una quarantina sono ancora dal concessionario (Iveco) che si rifiuta di consegnarli a causa dei ritardi nei pagamenti. A fine marzo, la sindaca annunciò trionfante la messa su strada di 15 filobus mai entrati in funzione: «Li abbiamo tolti dalla polvere e riconsegnati alla città». Il giorno dopo un terzo di quelle vetture finì in officina. Era successo che dopo quattro anni di abbandono i filobus erano stati messi in circolazione senza un’adeguata messa a punto. Ma se è per questo, l’Atac, che dopo la cacciata di Rettinghieri è rimasta per sei mesi senza direttore generale, ha fatto anche di peggio. L’elenco dei bus andati a fuoco per carenza di manutenzione è lungo e imbarazzante. Come sono lunghe le attese alle fermate, che in alcuni casi possono raggiungere e superare i sessanta minuti.
E che dire dello spettacolo offerto dalla città a Pasquetta? Nel giorno della tradizionale scampagnata dei romani, le ville comunali erano in condizioni pietose. Erbacce, rifiuti, bagni inagibili. La ragione? Dalla fine di marzo, a causa della scadenza di un appalto che nessuno si è premurato di rinnovare, aree verdi, ville e giardini della città restano aperti anche la notte. In ossequio alle necessità di decoro, di tutela delle aree storiche e – visti i tempi – di sicurezza, tutti possono entrare, bivaccare, dormire in parchi e giardini pubblici.
La sindaca continua a nascondersi dietro il disastro che ha ereditato dalle amministrazioni passate, dietro la mancanza di risorse economiche frutto di vecchie malversazioni. Cosa che non ha mancato di ricordare anche a Pasqua, per bussare alla cassa del governo: «Roma ha bisogno di fondi speciali, così come avviene per tutte le capitali d’Europa».
Già, ma c’è un caso, quello del porto di Civitavecchia, dove i fondi ci sono, ma i lavori per la sistemazione dello scalo marittimo più importante del Lazio sono bloccati da sei mesi proprio per colpa della Raggi. Succede che l’autorità portuale non può insediare il comitato di gestione perché manca il rappresentante nominato dal sindaco della città metropolitana, cioè da Virginia Raggi che da sei mesi non risponde alle sollecitazioni del ministro dei Trasporti e del governatore del Lazio.
La spiegazione della mancata nomina è da cercare nella lotta senza quartiere in corso tra correnti e sottocorrenti dei pentastellati romani. Lotta che ha spinto Grillo e Casaleggio, i veri padroni del M5S, a commissariare la sindaca per evitare che i suoi disastri si ripercuotano sulle fortune elettorali del movimento. Ma quanto può durare? Ormai si sta esaurendo anche l’apertura di credito concessa dagli Usa a Gianroberto Casaleggio. Come ha notato a fine marzo il New York Times in un reportage da Roma, «la città versa in una situazione disastrosa». A dimostrazione del fatto che il M5S «è pronto ad abbattere un governo, ma non a governare».