Un po’ di sinistra e un po’ di destra: Emmanuel Macron ha infilato la scelta giusta. Il giovane centrista tecnocratico è il nuovo presidente della Repubblica francese. Ha conquistato l’Eliseo con il 65,98% dei voti contro il 34,02% di Marine Le Pen. Già durante le votazioni di ieri si era capito che il vento soffiava in suo favore. Quando Macron ha votato al suo seggio elettorale è stato accolto da un’ovazione di centinaia di sostenitori. Applausi, grida, strette di mano, abbracci, richieste di foto. In molti hanno urlato: “Macron president!”. E così è andata a finire mentre tutti facevano gli scongiuri contro il rischio di un attentato dei terroristi islamici.
Marine Le Pen, la sua antagonista di estrema destra, invece ha votato in un seggio quasi deserto. Nessun sostenitore, nessun applauso, nessun incoraggiamento. Il clima era di sconfitta. Già alle 18 gli exit poll davano il 62%-67% dei voti al nuovo astro della politica francese. Difatti Macron ha vinto il ballottaggio contro l’artefice della trasformazione del Front National da partito neo fascista a forza nazionalista e anti elites, anti Unione europea ed anti immigrati islamici.
Si sono scontrati due mondi. Ha vinto Macron, 39 anni, ex banchiere, ex ministro dell’Economia socialista. Ha vinto su una piattaforma elettorale coraggiosa, europeista, promettendo una “rivoluzione” liberal progressista. Ha vinto con un partito, En Marche! costruito su di lui (porta anche le iniziali del suo nome), fondato appena un anno fa promettendo radicali riforme per far tornare “grande” la Francia. Ha perso Marine Le Pen, grande interprete della protesta politica e sociale contro la globalizzazione e la crisi economica, che prometteva l’uscita della Francia dall’euro, dalla Ue e dalla Nato.
Lo scontro è stato tra europeisti e anti europeisti, tra i difensori del sistema e i contestatori del sistema. Gli elettori di centro hanno votato per Macron. Invece gran parte degli elettori di sinistra e di destra ha votato contro la figlia di Jean Marie Le Pen più che per il giovane centrista, espressione della classe dirigente nazionale. Anche chi era poco convinto delle sue ricette politiche, economiche ed internazionali (vedi articolo di Sfoglia Roma del 29 aprile) ha preferito evitare “il salto nel buio” isolazionista di Marine Le Pen.
Il tradizionale panorama politico francese esce sconvolto da questo voto. Sia i neo gollisti sia i socialisti, i due pilastri sui quali si è retta per quasi 60 anni la Quinta Repubblica, sono miseramente crollati e non hanno nemmeno partecipato al ballottaggio per l’Eliseo. François Fillon e Benoit Hamon, rispettivamente il campione del centrodestra e dei socialisti, sono stati eliminati al primo turno del 23 aprile con il 20% e con il 6,4% dei voti. Macron aveva commentato: i partiti tradizionali “sono morti”.
Marine Le Pen ha riconosciuto la vittoria di Macron, ma ha quasi raddoppiato i voti ottenuti al primo turno. Ha promesso battaglia per i prossimi cinque anni: «Al primo turno è stata frantumata la vecchia politica francese. Ora si parla di patrioti da una parte e di mondialisti dall’altra». Continuerà a combattere: «Porterò avanti la battaglia per coloro che vogliono scegliere la sicurezza e l’identità della Francia». L’obiettivo sembra quello di costruire un nuovo partito conservatore dei “patrioti”, cambiando nome al Front National e puntando a scalzare i neo gollisti.
Il nuovo presidente della Repubblica non si nasconde gli ostacoli che ha davanti: è «un compito immenso e ci impone di essere audaci». Ha tracciato la strada: «L’Europa e il mondo si aspettano da noi che proteggiamo illuminismo e libertà, portando avanti un nuovo umanesimo, un mondo di crescita e più giustizia». Lavorerà per superare le divisioni politiche: «Conosco fratture sociali, impasse democratici, garantirò l’unità della nazione». Condurrà questa battaglia assieme a quella per difendere «l’Europa e le sue speranze». Ha assicurato: «Vi servirò con amore».
Con il successo di Macron l’euro, almeno per ora, è salvo. Ma adesso il nuovo presidente della Repubblica francese dovrà fare i conti con i gravi problemi del paese: la disoccupazione, la bassa crescita economica, la scarsa competitività del sistema produttivo, il deficit pubblico, l’immigrazione, il terrorismo islamico. Come ha promesso dovrà rilanciare l’occupazione, aumentare gli investimenti pubblici soprattutto nella scuola, tutelare i precari, tranquillizzare il ceto medio impaurito, tagliare le tasse ai cittadini e alle imprese, aiutare l’integrazione degli immigrati, garantire la difesa esterna e la sicurezza interna.
La chiave di volta è il rapporto con la Germania, lo stato egemone dell’Unione europea. L’Europa e l’euro si salvano solo se si volta pagina: una politica comune non può essere limitata solo alla moneta e alla linea del rigore finanziario, ma deve essere allargata anche all’occupazione, agli investimenti, alla crescita economica e all’immigrazione.
Siamo all’ultima chiamata per l’euro. Se Macron riuscirà a convincere la cancelliera Angela Merkel a seguire una politica di condivisione dei problemi non limitata alla moneta unica, allora il processo di unità europea potrà progredire e si potrà consolidare. In caso contrario la disoccupazione, il malessere sociale, l’insicurezza dei cittadini europei faranno vincere i vari populismi nazionali, causando il naufragio prima dell’euro e poi dell’Unione europea.