Nessuno è innamorato del sistema elettorale tedesco, ma probabilmente la spunterà il Germanellum per eleggere il prossimo Parlamento. Pd, M5S, Forza Italia e Lega Nord improvvisamente, dopo tanti contrasti che sembravano insanabili, hanno raggiunto una intesa di massima sul Germanellum, nome utilizzato ricorrendo al latino maccheronico (la tradizione la inaugurò il professor Giovanni Sartori chiamando Mattarellum la legge elettorale varata nel 1993). Il Germanellum, ispirato al modello elettorale tedesco, è un progetto di legge basato su due cardini: 1) il meccanismo proporzionale di attribuzione dei seggi alla Camera e al Senato; 2) la soglia di sbarramento elettorale al 5% dei voti. I quattro maggiori partiti italiani la pensano diversamente quasi su tutto, ma hanno un interesse in comune: se si voterà con la soglia del 5% molte forze minori resterebbero fuori del Parlamento e i loro voti andrebbero alle liste elettorali più forti.
Da domani l’assemblea dei deputati comincia a discutere il Germanellum, dopo l’infuocato esame avvenuto nella commissione affari costituzionali di Montecitorio. Il nuovo progetto di legge elettorale per le politiche, salvo sorprese, sancirà l’addio al sistema elettorale maggioritario adottato dalla Seconda Repubblica nel 1994 e il ritorno al proporzionale della Prima (ma quel meccanismo era senza sbarramenti elettorali contro i partiti minori).
L’intesa a sorpresa tra i quattro maggiori partiti italiani è opera di Matteo Renzi. Il segretario del Pd ha avviato un confronto con tutti e alla fine ha spuntato il sì, per motivi diversi, di Beppe Grillo, Silvio Berlusconi e Matteo Salvini. Il segretario democratico fino a poche settimane fa era rimasto fedele al sistema maggioritario, invece a fine maggio ha motivato il sì al Germanellum invocando lo stato di necessità: «Non sono un entusiasta di un sistema proporzionale con soglia al 5%», ma c’è l’esigenza di perseguire «un consenso più ampio possibile».
L’obiettivo è far approvare la riforma elettorale dal Parlamento in tempi rapidi, «entro la prima settimana di luglio». Non sarà facilissimo. In quattro anni di legislatura Renzi era riuscito a far approvare l’Italicum bocciato però dalla Corte Costituzionale. Molti militanti e parlamentari cinquestelle contestano il sì al Germanellum. Ma Grillo non vuole sentire ragioni: «I portavoce M5S (i parlamentari n.d.r.) voteranno a favore del testo come deciso dai nostri iscritti».
C’è la rivolta dei partiti minori, ci sono anche le critiche della sinistra orlandiana e dei prodiani del Pd (in testa Enrico Letta e Valter Veltroni), fedeli al sistema maggioritario. Renzi, alle proteste dei partiti più piccoli contro la soglia del 5% che rischiano di non entrare in Parlamento, ha riposto picche: «Lo sbarramento al 5% è un elemento inamovibile del sistema tedesco».
I centristi di Angelino Alfano, i principali alleati di governo del Pd, non l’hanno presa bene, così il governo presieduto da Paolo Gentiloni sta scricchiolando pericolosamente. Però il leader di Area popolare, che alla fine del 2013 aveva lasciato Berlusconi, in conclusione ha accettato «la sfida della soglia del 5%», ha ribadito il sostegno all’esecutivo Gentiloni, ma ha dichiarato «conclusa la collaborazione con il Pd» durata ben quattro anni.
Il sistema elettorale tedesco nacque ben 68 anni fa. La Repubblica federale tedesca nel 1949 adottò il meccanismo elettorale proporzionale con lo sbarramento al 5% con una precisa logica ideologica. L’allora Germania Ovest, nata quattro anni dopo la fine della Seconda guerra mondiale (si contrapponeva alla Germania Est satellite dei sovietici), volle garantire la massima rappresentanza a tutti i partiti al Bundestag e al Bundesrat con il sistema proporzionale, ma pose la “tagliola” del 5% per impedire l’ingresso in Parlamento delle forze estremiste anti democratiche. E ci riuscì: sia i due partiti neo nazisti di allora (Bonn non aveva una legge contro la ricostituzione del partito nazista), sia i due comunisti non riuscirono a superare la soglia. Non solo. Un partito anche con meno del 5% dei voti poteva e può entrare in Parlamento (prima a Bonn e poi a Berlino) con la vittoria di almeno tre suoi candidati nei rispettivi collegi uninominali elettorali.
La Repubblica federale tedesca nel 1990, dopo il crollo del comunismo, si è allargata ad est anche alle regioni dell’ex Repubblica democratica tedesca e il vecchio sistema elettorale ha retto anche all’impatto della storica riunificazione. In Italia, invece, dalla caduta del fascismo e dalla fine della Seconda guerra mondiale si sono succedute ben quattro leggi elettorali: la prima basata sul proporzionale puro (durante la Prima Repubblica, fino al 1992) e tre imperniate sul maggioritario (nella Seconda Repubblica, dal 1994), seguendo diversi criteri (Mattarellum, Porcellum, Italicum).
La Seconda Repubblica detiene il primato di leggi elettorali diverse. Ma la cosiddetta “religione del maggioritario”, che avrebbe dovuto garantire il bipolarismo (e addirittura il bipartitismo) per assicurare la stabilità politica, ha fatto cilecca.
L’Italicum, addirittura, ha un primato nel primato: non è mai stato applicato in nessuna elezione perché dichiarato incostituzionale in alcuni punti dalla Consulta. L’affondamento è stato uno degli “effetti collaterali” del referendum sulla riforma costituzionale, perso lo scorso 4 dicembre da Matteo Renzi.
Ora è il turno del Germanellum. Qualcosa, però, potrebbe andare storto perché il modello tedesco è rivisto “in salsa italiana”. Sono scoppiate proteste e contestazioni dei partiti minori alla Camera (alfaniani, bersaniani, vendoliani, meloniani). Già sono arrivate alcune “correzioni” contro possibili accuse di incostituzionalità. È stato messo riparo, ad esempio, a un bel problema: i vincitori nei collegi elettorali uninominali, scelti direttamente dal popolo sovrano, rischiavano di restare senza seggio in Parlamento perché scavalcati dai capilista dei listini bloccati nelle circoscrizioni con calcolo proporzionale.
Un’altra incognita è il cosiddetto voto disgiunto. Nella Repubblica federale tedesca sono possibili due voti diversi: il primo per un candidato X nel collegio uninominale e un altro per un listino proporzionale appartenente anche a un partito differente. Con il Germanellum invece non è ammesso il voto disgiunto: il candidato nell’uninominale deve appartenere allo stesso partito del listino della circoscrizione proporzionale.Alla Camera la battaglia politica e sui tecnicismi legislativi è appena all’inizio. Quando si concluderà, poi il match passerà al Senato. L’imprevisto è sempre in agguato.