Per Paolo Gentiloni tira un bruta aria fin dal mattino. La Cgil alle 8 di ieri twitta: «La manovra con cui il governo ha cancellato i referendum è uno schiaffo alle regole democratiche». Un gruppo di lavoratori della Federazione lavoratori della conoscenza (Flc) si fa fotografare a piazza della Repubblica a Roma, da dove parte uno dei cortei della Cgil contro i nuovi voucher. Il messaggio lanciato con un tweet è #NonFateiBuoni. Un altro gruppo di lavoratori della Cgil dell’Emilia Romagna espone uno striscione umano, una lettera ad altezza uomo per ogni militante: «Rispetto! Per il lavoro, i diritti, la Costituzione».
Poi partono i due cortei, da piazza della Repubblica e da piazzale Ostiense. Decine di migliaia di magliette e cappellini rossi, sotto un sole infuocato e in un caldo torrido, percorrono le strade di Roma per andare ad ascoltare il comizio finale di Susanna Camusso a piazza San Giovanni.
La battaglia della Cgil contro i nuovi voucher varati dal governo è senza frontiere. Il maggiore sindacato italiano aveva raccolto le firme per realizzare i referendum ed abolire i buoni con i quali pagare il lavoro occasionale (in molti casi era uno strumento utilizzato in modo anomalo al posto di un normale contratto di lavoro). I referendum, secondo la Cgil, si sarebbero dovuti votare lo scorso 28 maggio. Ma le urne non si sono mai aperte. L’esecutivo con un decreto legge prima ha cancellato i voucher, quindi ha approvato una nuova formulazione dei buoni lavoro nell’ambito della manovrina economica, passata in Parlamento con il voto di fiducia.
Susanna Camusso non perdona la mossa a Gentiloni. La segretaria della Cgil tuona nel comizio di piazza San Giovanni: «Il governo ha avuto paura di condurre una battaglia a viso aperto». Praticamente sfiducia il presidente del Consiglio: «Non si possono derubare i cittadini del voto» e «questo schiaffo alla democrazia non può passare inosservato».
Si appella al presidente della Repubblica Sergio Mattarella e annuncia un ricorso alla Corte costituzionale contro la decisione del governo: «Continueremo a vigilare sulle regole democratiche». Il problema centrale è ancora una volta la precarietà del lavoro: «Con i voucher si reintroduce l’ennesima forma di precarietà, raccontando che è un contratto mentre invece è una pura transazione economica, che non prevede alcun diritto per i lavoratori».
Paolo Gentiloni rispetta la manifestazione della Cgil, ma la critica nel metodo e nel merito. Nel metodo perché la protesta non è dei sindacati «ma di uno, anche se il più importante dal punto di vista numerico». Il presidente del Consiglio poi boccia anche “il bersaglio sbagliato” della Cgil: «C’è veramente qualcuno che pensa che questi lavoratori non avevano bisogno di regole?».
Sale la tensione sul governo, già indebolito da una scissione a sinistra. Il Movimento democratico e progressista, i bersaniani che a febbraio hanno lasciato il Pd, è schierato tutto con la Cgil contro Gentiloni, il successore di Matteo Renzi a Palazzo Chigi. Gli scissionisti anti renziani non hanno partecipato in Parlamento al voto di fiducia sulla manovrina e ora alzano il tiro. Il coordinatore del Mdp Roberto Speranza avverte: «Diciamo al governo che se non c’è una inversione di tendenza sul lavoro, non ci siamo. Bisogna cambiare rotta sul lavoro».
Se non è una dichiarazione di sfiducia come quella della Camusso, un annuncio di crisi di governo da parte del gruppo Bersani, D’Alema, Speranza, Rossi, poco ci manca. È comunque un serio avvertimento. Ma la cosa non sembra spaventare Renzi. Anzi. Il segretario del Pd sembrerebbe felice se ci fosse una crisi di governo e ci fossero le elezioni politiche anticipate a ottobre o novembre. In questo modo eviterebbe il voto nella primavera del 2018, con alle spalle una difficile legge di Bilancio dalle scelte non certo popolari.