La signora sindaco di Roma Virginia Raggi è un perfetto e tipico personaggio del grande (e deprimente) avanspettacolo della post-politica italiana dei giorni nostri. Rappresenta mirabilmente il peggio del cosiddetto “nuovo”, che coniuga perfettamente con il peggio del “vecchio”. Riesce a sbagliare quando risponde con stizziti silenzi e scrollate di spalle; ancor sbaglia quando decide di intervenire. Giorni fa si è prodotta sul “Messaggero” in un lungo articolo in difesa del non-operato suo e della sua non-amministrazione.
Una comica, quella lunga articolessa, che il quotidiano di via del Tritone con perfidia ha corredato con le tante “ordinarie” emergenze irrisolte dalla città. Una comica, quella lettera, che non fa ridere; e chissà chi è stato il “consigliere” che l’ha assistita in quel masochismo editoriale. Non paga, invitata ad auto-votarsi, dopo che autorevoli sondaggi hanno rivelato quello che tutti sanno, un indice di gradimento simile a quello di Donald Trump, ha pensato bene di attribuirsi un “sette e mezzo”. Qui bisogna scomodare la psicanalisi, per capire come si sia potuti arrivare a un simile, incredibile, livello. Siamo nel territorio dell’incapace di intendere, ma non di volere.
“Sette e mezzo Raggi” ha imparato un paio di mantra, da lì non c’è verso di schiodarla. Il primo mantra è «stiamo lavorando». Il secondo: «è tutta colpa di chi ci ha preceduto».
Per quel che riguarda il «stiamo lavorando», lo spassionato consiglio è di riposarsi. Una bella, lunga, vacanza; non lavori, per favore; qualsiasi cosa la veda impegnata, smetta: Roma ha già una quantità di guai e di problemi. Non è il caso di aggravare la situazione con il suo «stiamo lavorando».
Il secondo mantra: «È tutta colpa di chi ci ha preceduto». Indubbiamente le precedenti, indimenticabili, giunte di Gianni Alemanno e di Ignazio Marino (ma anche le altre prima di loro), hanno la loro considerevole quota di responsabilità per quel che riguarda la mala-amministrazione che ha messo in ginocchio questa città.
Ma ora basta: “sette e mezzo Raggi” è sindaco da un anno. Non può scaricare ogni responsabilità su chi l’ha preceduta. Ora è lei il sindaco della città. È lei che ha promesso e acceso aspettative; lei e il suo Movimento hanno assicurato che una volta entrati nella stanza dei comandi avrebbero invertito la rotta e ripulito, in ogni senso, la città. Si sono invece rivelati per quello che sono (e che facilmente si poteva comprendere fin da subito): dilettanti allo sbaraglio. Solo che allo sbaraglio ci va una città che è anche una capitale, e i suoi abitanti.
“Sette e mezzo Raggi” da quando non prende un autobus? “Sette e mezzo Raggi” da quando non cerca di buttare l’immondizia in un cassonetto? “Sette e mezzo Raggi” da quando non transita (a piedi) da piazza Venezia a Largo Argentina e poi giù, fino al Ponte che collega Roma con la Città del Vaticano? Non a caso si cita quel percorso: è da lì che ogni giorno transita mezzo mondo venuto apposta a vedere le bellezze di questa città. Si cammina su marciapiedi a pezzi, in mezzo a immondizie di ogni tipo, rifiuti abbandonati. Una vergogna che abitanti di Tokio o di Dallas porteranno con loro, una volta tornati a casa. “Sette e mezzo Raggi” non prova nessuna vergogna per questa brutta immagine della città che dovrebbe amministrare?
“Sette e mezzo Raggi” si avvia ora verso un processo per falso. Non si appartiene ai pasdaran del suo Movimento: non si strillerà alle dimissioni, che i pasdaran del suo Movimento hanno strillato per altri. Però sarebbe ora, davvero, di finirla con le surreali dichiarazioni autoassolutorie che propina ogni giorno.
Sul caso Raffaele Marra “sette e mezzo Raggi” deve dare molte spiegazioni: non tanto sotto il profilo penale (quello riguarda i giudici), quanto a livello politico, ai cittadini: perché ha lasciato carta bianca a Raffaele Marra, nonostante le molte riserve perfino dei suoi compagni di Movimento? Perché ha lasciato che fosse lui il dominus di strategie e di nomine politiche?
Il settimanale “l’Espresso” ha di recente elencato un nutrito elenco di “bugie” di “sette e mezzo Raggi”; la definisce «esperta dell’arte della bugia. Il suo problema, però, è che viene sistematicamente smascherata». Di più: «Una mentitrice seriale».
Il fatto su cui tuttavia conviene ragionare è soprattutto questo: di “sette e mezzo Raggi” si sapeva tutto da sempre. Ancora prima del ballottaggio, quando erano in lizza una decina di candidati per la poltrona di sindaco, si sapeva bene che “sette mezzo Raggi” non sa fare l’O col fondo del bicchiere. Non è questione che sia donna, e non è maschilismo. “Sette e mezzo” si chiamasse Virginio, si direbbe stessa, identica cosa. Il fatto è che la politica non è cosa che si improvvisa, non è affare di pseudo-consultazioni on line; chiede, esige, cervello; e il cervello è come il coraggio manzoniano: se non c’è, nessuno te lo può dare, tantomeno Grillo o un Movimento. Nonostante si sapesse bene cosa fosse, “sette e mezzo Raggi” è stata votata, a grande maggioranza. Su questo, purtroppo, non si scorge ombra di riflessione.
Chi inveisce, si sforzi di comprendere perché tanti candidati sono stati surclassati e preferiti, e ha trionfato “sette e mezzo Raggi”. Capirlo farà bene a tutti; e forse ci saranno risparmiate altre “sette e mezzo Raggi”.