Le Nasone vanno forte in queste giornate di sole accecante e di caldo torrido. Alla Nasona di via Andrea Doria, nel quartiere Prati, in cinque minuti si susseguono tre persone assetate. Due ragazzi bevono l’acqua fresca dalla classica cannella e vanno via rinfrancati; una signora, molto organizzata, riempie una bottiglietta di plastica e si disseta con voluttà dall’arsura di fine giugno.
Ma queste scene possono essere le ultime, la Nasona potrebbe avere i giorni contati. La siccità rischia di far fare una brutta fine alle storiche fontanelle pubbliche di Roma, quelle in ghisa, presenti ogni tre-quattro vie. Dalla canna ricurva, di qui il soprannome di Nasona, zampilla l’acqua: disseta i romani e i turisti accaldati in giro per la città, preda di un caldo tropicale. Disseta i passanti, ma non si sa per quanto tempo continuerà a farlo.
Il Campidoglio sta valutando se chiudere o ridurre il flusso dell’acqua erogata dalle Nasone a causa della siccità. C’è poca acqua potabile e l’amministrazione comunale pensa di risparmiare anche sulle fontanelle. L’Acea, la società a maggioranza comunale, che fornisce l’acqua e la corrente elettrica alla metropoli, sta esaminando la situazione. Le riunioni tecniche si moltiplicheranno da oggi per decidere cosa fare.
L’Acea, per garantire il flusso di acqua a Roma e provincia, sta continuando a prelevare dal Lago di Bracciano, una delle riserve idriche vicino alla capitale, fino a un massimo di 1.800 litri al secondo (si dovrebbe procedere con questo ritmo fino a settembre). Così il livello dell’acqua del lago cala velocemente. L’azienda comunale ha fatto il punto. In un comunicato stampa si legge: «Il Lago di Bracciano quest’anno è di 1 metro e 40 centimetri sotto la sua soglia. Lo scorso anno era a meno 70 centimetri, quindi è sceso del doppio. Il prelievo che sta effettuando Acea in questi primi sei mesi dell’anno ha inciso per una minima parte, 18 centimetri».
L’allarme siccità è di una evidenza traumatica. I romani sono rimasti scioccati dalle foto delle caprette al pascolo sul fondo del Lago di Bracciano asciutto, in secca in diversi punti. Così, se le cose dovessero andare male, ci potrebbe essere l’addio alle Nasone. Sarebbe un po’ troppo per una città già sofferente da anni per una crisi strutturale. Una miscela avvelenata ha provocato gravissimi danni. Deindustrializzazione, soffocante burocrazia, pesanti disservizi nei trasporti pubblici e nella raccolta dei rifiuti, criminalità organizzata e corruzione politica hanno causato incertezza, disoccupazione, fuga di aziende e cittadini dalla capitale.
Perdere, però, anche la Nasona sarebbe troppo. Avrebbe, anche simbolicamente, il triste significato di una disastrosa disfatta. Tra i romani e la Nasona il rapporto è sempre stato strettissimo. Da ragazzini si scherzava con gli amici. Quando si voleva prendere in giro qualcuno poco sveglio si diceva: «Festeggiamo dalla Nasona! Pago io!». Le fontanelle e le grandi fontane, alcune vere e proprie opere d’arte, altre con una precisa funzione urbanistica, sono da sempre uno dei vanti della città eterna.
C’è da fare i conti con la siccità. Da tempo a Roma e nel Lazio, come del resto un po’ in tutta Italia, piove poco e le riserve idriche stanno calando pericolosamente. Così la sindaca Virginia Raggi e l’Acea stanno esaminando varie misure per risparmiare i consumi di acqua potabile, divenuta un bene prezioso.
Allarmati sono soprattutto gli agricoltori. David Granieri, presidente della Coldiretti di Roma e del Lazio, suona la sirena dell’allarme: «La persistente siccità sta creando gravissimi problemi alle aziende agricole, soprattutto in alcuni settori, con perdite finora stimate fino al 40%. Siamo ormai oltre lo stato di emergenza con le falde acquifere che in moltissime zone della provincia, da Bracciano a Velletri, si sono abbassate, come riscontrato dai tecnici». Anche vigneti e oliveti sono entrati in zona rischio.
Negli ultimi mesi è piovuto poco, pochissimo. I tradizionali “goccioloni” romani si sono più che dimezzati. Granieri ha fornito dati pesanti: «Negli ultimi sei mesi a Roma sono caduti 120 millimetri di pioggia, mentre la media è di 300 millimetri, con il mese di giugno che ha fatto registrare il 60% di precipitazioni in meno». Sono invocate misure urgenti: «Agli agricoltori servono sostegni concreti e interventi strutturali per non essere costretti ad inseguire le emergenze e le anomalie climatiche, purtroppo sempre più frequenti».
Certo se arrivassero delle consistenti piogge il problema sarebbe risolto, almeno per ora. Difatti a Roma nell’ultimo periodo o non è piovuto per niente oppure si sono scatenati fortissimi temporali, che hanno messo in crisi la città per le sue fragili infrastrutture e per l’insufficiente funzionamento dei chiusini delle fogne (molti sono ostruiti in parte o del tutto dai detriti per la mancata manutenzione ordinaria).
Tuttavia il vero problema è fare i conti con gli squilibri climatici. Il clima sembra impazzito, ma questa non è una novità. Da molti anni tutto è chiaro: il killer responsabile di siccità o di alluvioni è l’inquinamento atmosferico causato dagli scarichi industriali e civili. La Conferenza di Kyoto sul clima, svoltasi ormai 20 anni fa, anni fa stabilì dei limiti alle emissioni di gas per ridurre l’inquinamento. Ma ben poco è stato fatto. Anzi, quasi niente, solo l’Europa ha preso delle misure per tenere pulito l’ambiente. Ma i grandi inquinatori, in testa Stati Uniti e Cina, hanno continuato allegramente ad inquinare per non comprimere i profitti.
Allora tutti a testa in su a guardare il cielo, a sperare nella buona sorte, a confidare in un bel temporale che porti pioggia e refrigerio. Sempre che l’acqua poi non sia troppa, perché dalla siccità si può passare all’alluvione.
R.Ru.