Eur, il Cahier de doléances si allunga sempre di più e a questo punto qualche domanda tocca pur farsela. Più difficile dare risposte, ma andiamo con ordine. La “Passeggiata del Giappone” ha riaperto i battenti a maggio, restituendo al pubblico uno dei punti più belli del Laghetto rimasto chiuso da anni: le cascate e il ponticello “Hasci” danneggiato dai vandali.
Disegnate dall’architetto Raffaele De Vico, le cascate saldano idealmente il Palasport (oggi battezzato Palalottomatica) al Laghetto che, sul versante opposto ad esse unisce, in un’unica visione prospettica, le due arterie della Cristoforo Colombo con l’obelisco e l’emiciclo di piazzale Marconi. Ma a ben guardare, dando le spalle al Palasport e alle cascate guardando in direzione dell’obelisco, cos’è quell’ammasso di sterpaglie rinsecchite che trionfa sulle rive del Laghetto proprio tra i due ponti? Ma è il “Mediterraneum”, il nuovo acquario che stupirà con i suoi effetti unici, non si sa ancora se virtuali o reali. Fatto è che dopo anni di scavi, ruspe, pontoni e gittate di cemento quell’area è ancora interdetta, chiusa e in totale stato di abbandono. Dicono che “sotto” sia tutto pronto, persino un megaparcheggio. Da sopra, non sembra. Tra le erbacce spuntano i resti di alluminio di un vecchio bar che sembra bombardato. Ogni tanto qualcuno riporta la notizia che sarebbero state aperte selezioni del personale addetto al “nuovo” acquario, poi niente più.
Guardiamo ora un poco oltre questa desolazione e, sollevando lo sguardo, ci accorgiamo che chi aveva immaginato questa prospettiva, che si allunga fino all’obelisco e vede perdersi le due arterie della Colombo verso il centro città, aveva in mente un impianto architettonico ben preciso, addirittura scenografico. Tale era il progetto, se non fosse che la “decentralizzazione” burocratica ha prodotto due ecomostri proprio ai lati della Cristoforo Colombo. Sul lato occidentale il mastodontico edificio di Poste Italiane e del Ministero dell’Economia. Sul lato orientale, le tre torri del Ministero delle Finanze, da anni edifici sventrati “Beirut style”. Dopo la “ritirata” di TIM, pronta a trasferirvi il suo quartier generale, sono rimaste lì ad ornare quelle che avrebbero dovuto essere le porte di Roma verso il mare. La vicenda delle torri è assai ingarbugliata, ma qualcuno saprebbe dirci quale destino verrà loro riservato?
Guarda il caso queste cattedrali di cemento sorgono proprio di fronte alla famosa “Nuvola”, il centro Congressi inaugurato alla fine di ottobre 2016, che avrebbe dovuto avere un calendario fitto di eventi, essendo un’opera “decisiva per il turismo congressuale” della capitale, come disse Renzi il giorno dell’inaugurazione. Non provate a entrare nemmeno per curiosità: è chiusa. Come non ha mai aperto l’albergo, un parallelepipedo nero posto tra la Nuvola e viale Europa: si è “mangiato” due metri di marciapiede interrompendo bruscamente la prospettiva alberata sull’asse Basilica SS. Pietro e Paolo e Archivio di Stato. Non si sa ancora il “colpevole”, ma ormai il guaio è fatto e di buttare giù un edificio per questo “erroruccio” non se ne parla. Anche qui la domanda sorge spontanea: qualcuno pagherà mai? E soprattutto, questa “Nuvola”, visto che c’è ed è costata centinaia di milioni di euro di soldi pubblici, qualcuno è in grado di gestirla? Per ora c’è l’impegno a ridefinire la sagoma dei passaggi pedonali.
Passiamo ora a quello che per anni è stato il fiore all’occhiello del quartiere: lo sport. Del Velodromo abbattuto nel luglio 2008 a colpi di dinamite per volere dell’Eur SpA e dell’amministrazione capitolina dell’epoca (giunta Alemanno), grazie a un vizio di forma del provvedimento di tutela, si è detto di tutto e di più: dell’amianto in esso contenuto e polverizzato dall’esplosione, dei progetti dei palazzinari che volevano costruirci un “centro del benessere e dell’acqua”. Ma alla fine, sapete cosa è rimasto dell’opera di Ligini, Ortensi e Ricci utilizzata solo in occasione delle Olimpiadi del 1960? Un fascicolo di denunce in Procura e un cratere recintato e incolto ostaggio della natura, dove crescono liberamente erbacce di ogni tipo. Sull’opposto quadrante settentrionale del quartiere sorgeva invece il centro sportivo delle Tre Fontane del Coni, affidato alla Federazione di Atletica Leggera. Anche lì dopo un lento degrado, la chiusura per anni e l’annuncio di un centro sportivo per disabili e normodotati, il primo in Italia con questa formula. L’intera area viene affidata al Comitato Paralimpico che ci mette anni per progettare e costruire l’impianto. Se andate a informarvi sul sito del Comitato Paralimpico rimarrete delusi: il link al progetto e ai relativi documenti non vi porta da nessuna parte, di per sé un fatto poco rassicurante, soprattutto se si tratta di un’opera pubblica. Ora sembra tutto finito, cantiere chiuso, tuttavia c’è un ma: pare che non sia ben chiara la proprietà del terreno su cui sorge l’impianto: ci sarebbero di mezzo il Comitato Paralimpico (CONI), l’Ente Eur (che ricordiamolo è al 90 per cento statale e 10 per cento dell’amministrazione capitolina) e lo stesso Comune di Roma. Riusciranno a trovare un accordo prima che strutture nuove di zecca (piscina, palestre e pista) finiscano ad arrugginirsi inutilizzate o anche qui ci sarà quel “vizio” di forma che manderà tutto in malora?