Appena si trova di fronte a un’emergenza che non riesce ad affrontare, Virginia Raggi parte subito all’attacco accusando qualcun altro: le vecchie amministrazioni capitoline, i partiti, il governo, la regione. Il copione è sempre lo stesso: scatenare una polemica per coprire un disastro. Poco importa che si tratti di Atac o di Ama, di immigrati o ambulanti.
Adesso è la volta degli incendi. Dopo i roghi che hanno devastato la pineta di Castelfusano, la sindaca ha sparato contro Zingaretti e Gentiloni. Le fiamme non erano state ancora spente e già divampava lo scontro istituzionale: «Serve l’aiuto della Regione e del Governo. Roma non può essere lasciata sola di fronte a questo disastro ambientale». E ancora: «Il primo Canadair è arrivato dopo un’ora». Un colpo sotto la cintura del governatore del Lazio, che però ribaltava subito l’accusa dettando alle agenzie di stampa un comunicato al vetriolo: «La Protezione civile regionale precisa che la segnalazione dell’incedio è arrivata alle ore 15:51 e il primo elicottero è stato inviato alle ore 15:52». Poi toccava a qualche fedelissimo di Zingaretti sottolineare che «il piano d’emergenza del Comune è fermo dal 2008», mentre la Protezione civile risulta di fatto smantellata e senza un responsabile (con delega al comandante dei vigili). Ragion per cui il Campidoglio non aveva adottato una strategia in vista di possibili incendi nella più grande pineta della capitale.
L’inefficienza della Protezione civile capitolina è la stessa dell’Atac, dell’Ama e di tutto il resto. La città è precipitata in un degrado mai visto, nemmeno durante le peggiori giunte democristiane della Prima repubblica. Ma le elezioni politiche si avvicinano e fino a marzo 2018 Grillo e Casaleggio devono assolutamente scongiurare l’effetto Raggi.
Insomma, il rischio è che gli elettori italiani voltino le spalle al M5S dopo aver constatato, per dirla con le parole di un commentatore Usa, che i Cinquestelle «sono in grado di vincere un’elezione, ma poi non sono capaci di governare». Ma l’incapacità dell’amministrazione capitolina guidata dalla Raggi è ormai difficile da nascondere, da qui la strategia comunicativa di attacco imposta dalla Casaleggio Associati.
La città è sommersa dai rifiuti? L’Ama non riesce a raccogliere la “monnezza” nemmeno in piena estate? Allora ecco la campagna contro i ministeri morosi che da anni non pagano le cartelle dei rifiuti. Il bilancio di previsione 2018 rischia di non superare l’esame dei revisori? E allora ecco un bel comunicato sui debiti fuori bilancio accumulati ai tempi di Veltroni e Alemanno. Facile. Troppo facile. Perché se non ci fosse stato il suicidio che ha portato la “vecchia politica” romana alla bancarotta e ha prodotto Mafia Capitale, l’anno scorso Virginia Raggi non sarebbe arrivata in cima al Campidoglio con la maggioranza assoluta. Il problema è che in tredici mesi la nuova amministrazione si è distinta solo per il suo immobilismo.
Tanto per fare un esempio, l’Atac, l’azienda di trasporto, ha un miliardo e 350 milioni di debiti e ogni giorno circa la metà degli autobus resta in officina per guasti, ma non esiste un piano industriale e le proposte di risanamento sono state tutte cancellate. L’immobilismo della giunta ha molte spiegazioni. La prima cittadina è incapace persino d’andare d’accordo con la sua maggioranza. E questo finisce per accentuarne l’isolamento. Gli avversari interni della sindaca sono tutti tornati alla ribalta: l’odiata Roberta Lombardi, acclamata da Di Battista come “candidata ideale” per la successione a Zingaretti, ma anche l’ex assessore al Bilancio Marcello Minenna, che adesso presenzia agli eventi nazionali del M5S sui temi economici, precisando che lui ha «rotto con la Raggi non con il Movimento».