Acqua razionata a Roma. Parte il conto alla rovescia carico di pesanti incognite. Da venerdì 28 luglio i rubinetti delle case resterebbero a secco a turno per 8 ore al giorno. L’Acea (l’azienda comunale per acqua, luce, gas) starebbe predisponendo un piano severo di razionamento, dopo lo stop deciso dalla regione Lazio ai prelievi dal lago di Bracciano (tra le riserve idriche della città) a partire, appunto dal 28 luglio.
Nicola Zingaretti, Pd, ha annunciato la decisione per evitare il rischio della “catastrofe ambientale” del lago di Bracciano. Secondo il governatore del Lazio il livello del bacino è sceso pericolosamente negli ultimi mesi a causa della lunga siccità, di qui l’ordinanza emessa per scongiurare un pericoloso svuotamento dell’invaso.
L’Acea non l’ha presa per niente bene. Il presidente della società, Paolo Saccani, applicherà lo stop ai prelievi, ma ha contestato la decisione considerandola «atto abnorme e illegittimo» che avrà gravi conseguenze. Acqua razionata per un milione e mezzo di persone, circa la metà degli abitanti della metropoli. Non risparmierebbe nemmeno strutture delicate come ospedali, caserme, Camera e Senato, Palazzo Chigi, Vaticano.
La data del 28 luglio, il razionamento, fa paura. Virginia Raggi si è detta molto preoccupata. La sindaca cinquestelle di Roma, proprietaria dell’azienda multi utility a maggioranzanza comunale, ha sollecitato i due contendenti ad evitare il peggio: «Spero che soluzioni siano trovate quanto prima da Regione e Acea».
Tutti sono mobilitati per trovare la soluzione più indolore. La situazione può rivelarsi pesantissima. L’acqua potrebbe mancare ai romani, ai servizi, alle attività produttive, in un periodo particolarmente delicato: nel pieno di una caldissima estate con la città invasa da turisti assetati provenienti da tutto il mondo. Acqua razionata, a singhiozzo non sarebbe una bella pubblicità internazionale per la città eterna.
Il dramma, poi, rischia di degenerare in una tragica commedia: l’acqua potrebbe mancare mentre Roma la butta. La rete idrica della metropoli è vecchia, risale in gran parte a 30-50 anni fa e l’acqua fuoriesce dalle fatiscenti tubature. Lo scorso giugno l’Acea ha quantificato il danno: la rete idrica «a causa di rotture e di allacci abusivi perde il 40% dell’acqua». Ma secondo alcuni lo sperpero sarebbe ancora maggiore: chi parla del 45% e chi addirittura del 60% del totale del prezioso liquido.
In sintesi: se le condutture funzionassero bene, anche in presenza di una grave siccità (da ottobre a marzo le piogge sono diminuite del 50%). non ci sarebbero problemi di approvvigionamento. Il problema è che, per decenni, non si sono fatti investimenti né una efficace manutenzione delle tubature colabrodo. C’è stata una inerzia delle precedenti giunte comunali di centro-sinistra e di centro-destra. Daniele Fichera, Psi, consigliere regionale del Lazio, domanda su Facebook: «Ma in venti anni a predisporre un piano serio per ridurre la dispersione idrica non ci ha pensato nessuno?». No, nessuno ci ha pensato. Nessuno ha preso l’iniziativa anche nell’ultimo anno, da quando i cinqueselle hanno conquistato il Campidoglio. Se l’amministrazione del M5S si fosse mossa subito, appena eletta sindaca la Raggi nel giugno 2016, probabilmente si sarebbe evitato il rischio dei rubinetti a singhiozzo.
La penuria di acqua a Roma è un paradosso. La città eterna non ha avuto mai problemi di sete. Già gli antichi romani assicurarono, oltre duemila anni fa, abbondanza d’acqua per le terme e per i consumi personali alla metropoli più grande del mondo di allora. Ben 11 acquedotti pubblici, tenuti in perfette condizioni, furono costruiti durante la Repubblica e nell’era dell’Impero romano. Il più antico acquedotto era quello dell’Aqua Appia, edificato nel 312 avanti Cristo, oltre duemila e trecento anni fa. Gli scavi per costruire la linea C della metropolitana lo scorso aprile hanno prodotto una straordinaria scoperta: sono stati rinvenuti 32 metri di un acquedotto, a 20 metri sotto terra a piazza Celimontana, davanti all’ospedale militare del Celio. Per gli archeologi probabilmente si tratta proprio dell’acquedotto dell’Aqua Appia, il primo della città eterna. Al “sesto miglio” della via Prenestina, sempre lo scorso aprile, c’è stato un altro eccezionale ritrovamento: sono stati scoperti 500 metri di un acquedotto, ancora a 20 metri sotto terra. Per gli archeologici si tratterebbe proprio dell’acquedotto Appio.
È l’ennesima prova dell’attenzione e dell’impegno della politica dei consoli e degli imperatori romani per l’approvvigionamento idrico della città. Oggi non è esattamente come allora. Le conseguenze sono pesanti: acqua razionata. Secondo alcune indiscrezioni già da oggi l’Acea potrebbe far scattare i turni di razionamento di 8 ore al giorno per 1 milione e cinquecentomila abitanti. I rubinetti ad intermittenza potrebbero partire dalle zone alte della città come i Parioli e Monte Mario. La tensione è sempre più alta a Roma tra Pd, Acea e M5S. Anche sul problema dell’acqua adesso si scatena lo scontro politico.
R.Ru.