Si cerca disperatamente un’intesa. Razionamento acqua a Roma: è una prospettiva da incubo. Le riunioni ufficiali e i contatti sono continui per evitare che da domani l’acqua venga razionata a turno (sembra di 8 ore al giorno) a un milione e mezzo di romani. Tra Nicola Zingaretti (governatore del Lazio), Virginia Raggi (sindaca di Roma) e Paolo Saccani (presidente dell’Acea Ato 2) il clima di scontro rovente si è smorzato. Si punta a trovare una soluzione per evitare il razionamento dell’acqua che sta predisponendo l’Acea, la società a maggioranza comunale per l’acqua, la luce e il gas.
Dialogo e pugni sul tavolo. Circolano due ipotesi per impedire il funzionamento a singhiozzo dei rubinetti della capitale: 1) uno slittamento, da domani al primo agosto, dell’ordinanza della regione Lazio allo stop ai prelievi di acqua dell’Acea dal lago di Bracciano (una delle riserve idriche della metropoli); 2) un potenziamento dei rifornimenti dalle altre fonti di approvvigionamento idriche.
Il clima di fiducia si è creato l’altro ieri in un incontro al Campidoglio, sollecitato dalla Raggi, con gli assessori della regione Lazio e con i dirigenti dell’Acea. La prima cittadina di Roma ha annunciato: «Ho convocato un tavolo qui in Campidoglio tra Regione e Acea. È un grande risultato, questo è il momento della responsabilità istituzionale». Ha sottolineato: «C’è stato un dialogo molto costruttivo».
Razionamento acqua: si apre uno spiraglio. La situazione è in movimento. La sindaca si è smarcata da Paolo Saccani, che aveva attaccato Zingaretti, per lo stop da venerdì 28 luglio ai prelievi di acqua da Bracciano per impedire “una catastrofe ambientale”, cioè il pericoloso svuotamento del lago a causa della siccità e dei prelievi. Mentre Saccani aveva annunciato gravi conseguenze con il razionamento che avrebbe colpito anche gli ospedali e il Vaticano, la Raggi ha alzato il disco rosso: «Va garantita l’acqua ai cittadini romani, agli ospedali, alle case di cura, ai pompieri. Non possiamo assolutamente tollerare un eventuale stop per l’acqua ai romani».
Dialogo e pugni sul tavolo. È andata in porta la proposta, lanciata dalla sindaca, di istituire “una cabina di regia” sul problema della carenza d’acqua. La prima riunione c’è stata ieri. Saccani e l’assessore alle Infrastrutture del Lazio Fabio Refrigeri si sono visti ieri sera. L’Acea, però, ha sempre una mano sulla pistola. La società multiutility avrebbe fatto ricorso al Tribunale delle acque contro la sospensione deliberata dalla regione Lazio dei prelievi dal lago di Bracciano.
La situazione è seria. Anche il Tevere è in secca per la mancanza di piogge. Le
fontane di Roma rischiano la chiusura, il Vaticano ha levato l’acqua alle sue per risparmiare. Ma una soluzione, se si vuole, si trova. L’acqua di Bracciano conta solo per l’8% sul totale delle forniture assicurate a Roma. Basterebbe poco per compensare la chiusura del flusso dal lago (l’acquedotto del Peschiera, ad esempio, garantisce il 70% dei rifornimenti). Prevedere il razionamento per un milione e mezzo di romani, per tutte le attività produttive e addirittura per gli ospedali, come ha fatto Saccani, appare una ipotesi a dir poco sproporzionata.
Razionamento acqua: il problema non è tecnico, ma politico. Al centro c’è lo scontro tra Zingaretti e Saccani, il primo è il presidente della regione Lazio eletto dai cittadini; il secondo è il dirigente di una società, di proprietà del Campidoglio, adibita a fornire alla città un servizio pubblico essenziale.