Nessuno scommetteva molto sul “governo di responsabilità” guidato da Paolo Gentiloni, sorto lo scorso dicembre. Nasceva da uno stato di necessità e da un “atto di responsabilità”, come aveva precisato lo stesso presidente del Consiglio, dopo le dimissioni di Matteo Renzi, reduce dalla disfatta del referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale. Fu lo stesso segretario del Pd ad indicare Gentiloni come suo successore a Palazzo Chigi.
Sembrava un governo molto fragile, esposto ad ogni turbolenza, di breve vita, l’esecutivo diretto da Gentiloni, ministro degli Esteri nell’esecutivo precedente pilotato dal suo grande amico, l’effervescente Renzi. A febbraio le difficoltà sono aumentate, dopo l’addio al Pd di Bersani, Speranza, D’Alema ed Enrico Rossi. La scissione da sinistra di Mdp in polemica con Renzi ha ancora di più indebolito il governo Gentiloni che, soprattutto al Senato, da sei mesi può contare solo su una maggioranza incerta, non più stabile, dopo la rottura dei bersaniani. In più Renzi, rieletto a larga maggioranza nelle elezioni primarie segretario del Pd a maggio, non escludeva una crisi e l’ipotesi delle elezioni anticipate.
Invece non c’è stata crisi di governo e, salvo sorprese, non c’è una simile eventualità all’orizzonte. Non solo. Nonostante le tante fragilità, Gentiloni va avanti assicurando qualcosa in più della normale amministrazione e corre fino alla regolare fine della legislatura nella prossima primavera. Il presidente del Consiglio in politica estera è riuscito in una impresa quasi impossibile. Per la prima volta, grazie ad un accordo con il governo di Tripoli, è riuscito a ridurre fortemente l’arrivo della valanga degli immigrati africani e mediorientali in Italia. Da qualche settimana le navi della Marina militare italiana assieme a quelle libiche sorvegliano le coste del Paese nord-africano, fanno un’opera di “filtraggio”, tagliando le unghie ai trafficanti che si arricchiscono sulla volontà di centinaia di migliaia di disperati di attraversare il mare Mediterraneo per rifugiarsi in Europa.
Stesso discorso vale per la politica europea. Gentiloni ha dato un’immagine di credibilità dell’Italia all’Unione europea e ha ottenuto da Bruxelles il massimo di flessibilità sul deficit pubblico, in modo da convogliare maggiori fondi sulla crescita economica e sulla lotta contro la disoccupazione.
Successi sono arrivati in economia, anche grazie a un po’ di fortuna. La crescita del Pil prevista intorno all’1 per cento nel 2017 sarà invece attorno all’1,5 per cento quest’anno. L’occupazione migliora e la disoccupazione cala anche se di poco. Gentiloni adesso sta preparando un disegno di legge di bilancio per il 2018 che va oltre la normale amministrazione. L’obbiettivo, in particolare, è di aiutare l’occupazione giovanile tagliando in modo strutturale, permanente il costo del lavoro per i nuovi assunti. Il presidente del Consiglio ha anticipato qualche particolare intervenendo domenica 20 agosto al Meeting di Cl a Rimini: «Servono misure shock per l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani». Serviranno «incentivi permanenti, stabili». Il costo del lavoro per i giovani neo assunti dovrebbe calare del 50 per cento: ne beneficerebbero sia le imprese con un taglio dei costi sia i ragazzi con salari più alti.
Riforme strutturali, non interventi di normale amministrazione. Non solo. Dovrebbe andare in porto anche il cosiddetto Reddito di inclusione già deciso dal governo. In autunno dovrebbe divenire realtà l’assegno, con un importo massimo fino a 480 euro al mese, per integrare i redditi più bassi e per combattere la povertà.
Queste scelte piacciono alle sinistre, sia a quelle interne sia a quelle esterne al Pd, che avevano chiesto “un cambiamento di rotta” nella politica economica del governo. Gentiloni, su una linea pragmatica e di basso profilo, colleziona successi e va avanti. Il governo andrà avanti «fin quando avrà la fiducia del Parlamento», ama ripetere da quando lo scorso dicembre chiese il voto di fiducia alla Camera e al Senato. A novembre ci saranno le elezioni regionali in Sicilia e in primavera ci saranno le consultazioni politiche. A quel punto, secondo i risultati, si potranno aprire diversi scenari politici nuovi.