San Filippo Neri è copatrono di Roma. E sono tanti i romani che venerano e conoscono Pippo Bbono, come era soprannominato il sant’uomo dai suoi ragazzi degli oratori. Meno conosciuti sono invece alcuni suoi amici, estimatori e sostenitori delle sue iniziative, amici che pure ebbero un peso rilevante nelle vicende della Chiesa in quegli anni di Riforma cattolica e nei secoli seguenti.
Fra i tanti che sostennero il fondatore degli oratori ci soffermeremo in particolare su due. Il primo è il cardinal Giovanni Ricci da Montepulciano, collaboratore di tanti papi del XVI secolo come finanziere e come sovraintendente alle opere per Roma.
Fu proprio sotto Giulio III, il papa che lo creò cardinale, che Giovanni Ricci acquistò la sua residenza di via Giulia e divenne così vicino di casa di Filippo che aveva la sua sede operativa prima a San Giovanni dei Fiorentini, all’imbocco di via Giulia appunto, poi a Santa Maria in Vallicella (nota ai romani come la Chiesa Nuova), poche decine di metri più in là.
Filippo divenne negli anni del pontificato di Giulio III (dal 1550 al 1555) padre spirituale del cardinale di Montepulciano e assiduo frequentatore della sua casa, anche perché il Ricci elargiva a Filippo un assegno mensile di mantenimento e frequenti donazioni per le sue opere.
Giovanni Ricci è passato alla storia soprattutto come mecenate di opere d’arte e, in particolare, per avere trovato e acquistato nel cortile di un palazzo cardinalizio di fianco a San Lorenzo in Lucina nove grandi blocchi di marmo scolpiti che finirono per adornare la facciata del palazzo sul Pincio che di lì a qualche lustro fece costruire con il sontuoso giardino. Quei marmi, benché allora non si sapesse, erano gran parte del recinto dell’Ara Pacis augustea, scomparsa, della quale si erano perse le tracce allora da un millennio e mezzo e che erano venuti alla luce durante i lavori di sistemazione delle fondamenta del palazzo adiacente a San Lorenzo in Lucina.
Ma Giovanni Ricci da Montepulciano fu fondamentale per un’altra sua opera che contribuì a cambiare l’orientamento della storia: fu il massimo finanziatore, sicuramente per quel che riguarda la parte papalina, della coalizione cattolica nella battaglia navale di Lepanto del 1571, la battaglia che fermò in maniera decisiva l’avanzata ottomana in Europa. La coalizione cattolica era guidata da Giovanni d’Austria (ammiraglio in capo della flotta) per l’Impero spagnolo e da Marcantonio Colonna per lo Stato pontificio, e con ruoli minori da Sebastiano Venier della Repubblica di Venezia, Ettore Spinola capitano genovese, Andrea di Provana di Leinì capitano piemontese e Pietro Giustiniani dei Cavalieri di Malta.
Ma il ruolo fondamentale nella preparazione della flotta fu dovuto al cardinal Ricci: «Ogni giorno si fanno congregatione in casa di Montepulciano sopra il modo di ritrovar denari», si legge infatti in una cronaca degli anni precedenti la battaglia nella quale fu sbaragliata la flotta turca.
Altro personaggio che frequentò assiduamente Filippo Neri, nella seconda parte della sua vita, una cinquantina d’anni più giovane del Montepulciano, fu il medico Michele Mercati. Il Mercati fu archiatra di quasi tutti i papi nella seconda metà del XVI secolo e medico personale anche di Filippo. A dire il vero il rapporto con il santo degli oratori fu bilaterale. Le biografie del Neri infatti narrano fra le premonizioni del santo due che riguardano direttamente il Mercati. La prima avvenne quando il medico scienziato sembrava sul punto di morire colpito da una delle sue frequenti calcolosi che lo tormentarono tutta la vita.
Al padre in lacrime per la salute del figlio Filippo disse di tranquillizzarsi perché non era ancora venuta la sua ora. E così fu e Michele Mercati visse ancora una decina di anni alla fine dei quali però fu avvisato dal sant’uomo che i suoi giorni erano ormai giunti alla fine, e così fu nel volgere di poche ore.
Mercati fu uomo di scienza e occupò gran parte della sua vita per stendere una monumentale Metallotheca, opera enciclopedica su tutti i minerali al tempo conosciuti che non poté però essere completata. Ebbe tempo invece di completare lo studio che papa Sisto V gli commissionò sugli obelischi, in gran parte abbattuti e sepolti, disseminati fra le antiche vestigie di Roma. Lo studio del Mercati fu davvero analitico e minuzioso: prende in esame la storia d’Egitto e dei suoi monumenti ancor prima della loro venuta a Roma, dei geroglifici e del loro significato.
Lo studio convinse ancora più il papa nelle sue intenzioni di rialzarne alcuni a cominciare da quello del colle vaticano. Spezzato e ancora steso a terra sul lato sinistro, guardando l’ingresso, della rinnovata basilica vaticana – era da pochi decenni stata fatta nuova con la grandiosa cupola michelangiolesca – era l’obelisco che si trovava sulla spina del circo di Nerone. Il circo vaticano era quello lungo la cui strada di accesso erano stati martirizzati tramite crocifissione centinaia di cristiani, compreso Pietro, quasi all’ombra della colonna faraonica nel 64 dC.
L’obelisco era stato portato nel circo dall’Egitto da Caligola, nel 41 dC. Fu il primo degli obelischi che erano disseminati per Roma ad essere rialzato e posto qualche decina di metri più in là della sua originaria collocazione: di fronte alla rinnovata basilica a sfidare le altezze della cupola di Michelangelo. Su impulso degli studi del Mercati la ristrutturazione degli obelischi di Sisto non si fermò qui: fece rialzare l’obelisco portato da Costanzo, figlio di Costantino, nella spina del circo Massimo e visto che era quello il più grande di tutti fu collocato a San Giovanni in Laterano, sede del vescovo di Roma, «prima e principal chiesa del mondo», come aveva scritto Mercati nel suo studio su “Gli obelischi di Roma”.
Il terzo monolite egizio di granito rosso ricollocato da Sisto V è quello che Augusto aveva fatto innalzare nel Circo Massimo (e al quale Costanzo aveva voluto abbinare il suo, gareggiando in grandezza e potenza con il fondatore dell’impero romano): «È stato innalzato da Nostro Signore [Sisto V] in onore della Madonna (che nacque e fu fatta Madre di Dio, sotto l’imperio di Augusto) innanzi alla chiesa sua […] nominata Santa Maria del Popolo», racconta sempre il Mercati. Il papa scelse questa collocazione non solo per la devozione mariana riversata dalla gente in quella chiesa, ma anche perché piazza del Popolo è strategicamente la porta di accesso della città per i pellegrini che giungono da nord.
Il quarto infine rialzato dal papa cinquecentesco fu uno dei due drizzati innanzi al Mausoleo di Augusto probabilmente da Domiziano sul finire del primo secolo dopo Cristo: «È condotto ora a Santa Maria Maggiore e drizzato appresso il Presepio del Salvatore [cioè vicino alla reliquia della mangiatoia custodita nella basilica romana e vicino al presepe scolpito da Arnolfo di Cambio], il quale nacque sotto l’imperio di Augusto».
Così il giro delle sette chiese, pellegrinaggio inaugurato da Filippo Neri e che ancora appartiene alla devozione romana, avviene dal 1589 anche all’ombra dei quattro obelischi fatti rialzare da Sisto V e descritti da Michele Mercati, medico del papa e del santo.