Il 12 ottobre dovrebbe aprire la nuova sede della Rinascente in via del Tritone. Un avvenimento atteso da tutti gli appassionati di storia romana e di Roma antica. No, non siamo impazziti, né vogliamo inserire abusivamente messaggi pubblicitari su questa pagina. È che facendo i lavori di scavo per la ristrutturazione della nuova sede, oltre a incorrere nelle ire dei proprietari dei palazzi vicini che temevano per la loro stabilità, i lavoranti si sono trovati di fronte a numerose arcate di un acquedotto romano, in totale 12, appartenenti alle condotte dell’Aqua Virgo.
A guardarsi intorno non c’è da stupirsi della scoperta. Di fianco al palazzo in questione, oltrepassati i pochi metri di via del Nazareno, ecco tre arcate dello stesso acquedotto. L’Aqua Virgo ha una storia differente dagli altri sei acquedotti che rifornivano di acqua la capitale dell’impero romano. Differente per due motivi. Il primo è che per quasi la totalità del suo percorso, dall’ottavo miglio della Collatina dove inizia fino al suo ingresso in città nei pressi di Porta Pinciana ed ancora oltre fin dopo il Pincio, ha un percorso sotterraneo, più riparato dalle intemperie e da atti di vandalismo. Il secondo è che, se in origine riforniva una zona ai tempi periferica dell’urbe, dalla caduta dell’impero d’Occidente in poi si è trovata a rifornire la zona in cui la nuova Roma si è andata sviluppando, nel campo Marzio, lontana da colli e monti.
La condotta dell’Aqua Virgo (così detta probabilmente per la sua limpidezza, poverissima di calcio, altro elemento che ne ha preservato nei secoli le condotte) venne fatta costruire da Marco Vipsanio Agrippa. Il genero e grande amico di Augusto, il più valente generale, volle l‘acquedotto per rifornire di acque le terme che stava facendo costruire alle spalle del Pantheon, in quel campo Marzio che, essendo luogo di acquartieramento delle legioni quando si avvicinavano alla città, era sua patria e luogo d’elezione per eccellenza.
L’Aqua Virgo non parte da una fonte specifica, ma è alimentata da una falda che ha più punti di sbocco in superficie. L’acquedotto convoglia diverse di queste fonti nelle sue condotte sotterranee che, dal bacino dell’Aniene, viaggiano poi da Est verso la città dove fanno il loro ingresso da Nord. Come dicevamo il condotto usciva dalle viscere della terra sul lato meridionale del Pincio, verso il Quirinale e continuava a viaggiare su arcate che attraversavano l’attuale via Due Macelli per proseguire nel tratto del quale parliamo oggi, attraversando poi via del Nazareno e curvando decisamente verso Sud per attraversare via del Tritone e dirigersi alla fontana di Trevi in un percorso a zig-zag che si districava fra i (pochi) monumenti esistenti e puntando poi verso via dell’Anima (attraversando l’attuale palazzo di Brazzà), poi ripiegando verso via delle Muratte e attraversando via Lata – come si chiamava ai tempi l’attuale via del Corso, tratto urbano della via Flaminia – all’altezza dell’attuale via del Caravita, poi attraversando la chiesa di Sant’Ignazio per finire la sua corsa alle terme che avevano il loro ingresso dalle parti di piazza della Pigna: proprio la gigantesca pigna in bronzo, ora in Vaticano, che faceva mostra di sé accogliendo i romani alle terme di Agrippa. Detto del percorso e di come l’Aqua Virgo attraversa la città, resta da dire come ha attraversato i secoli.
Passati i secoli bui del declino di Roma, ridotta a un paesello di poco più di diecimila anime, con la rinascita medievale si ha anche la rinascita dell’acquedotto, delle sue vasche di raccolta e distribuzione note e famose fin dai tempi di Roma antica, come quella del vicus Caprarius, oggetto di scavi e di ricerche nel 1999 con il rifacimento del cinema Trevi da parte della Cremonini. Rinascita anche delle sue fontane, ad iniziare dalla maggiore di esse, quella di Trevi, cosiddetta per il trivio sul quale era posta.
Si arriva così ai secoli delle grandi ristrutturazioni, ad iniziare da quella dell’acquedotto ordinata da papa Niccolò a Leon Battista Alberti al quale si deve un primo rifacimento monumentale della fontana, con una grande vasca rettangolare, primo passo verso la sistemazione settecentesca del Salvi, meta di turisti da tutto il mondo e immortalata da Fellini, con Anita Ekberg e Marcello Mastroianni nella Dolce Vita. Altro rilevante restauro dell’Aqua Virgo lo si deve nel Cinquecento al cardinal Giovanni Ricci da Montepulciano, prefetto dei lavori pubblici nell’urbe, che ne approfittò anche per innaffiare adeguatamente con le acque vergini il bel giardino che si fece costruire nella tenuta appena acquisita sul Pincio, che abbellì anche con la costruzione di Villa Medici (che deve il nome al proprietario che succedette però al Montepulciano).
Insomma la ristrutturazione delle 12 arcate dell’acquedotto realizzata dai lavori per la Rinascente non è la prima riservata all’utile monumento in questi due millenni. Aspettiamo di vedere la nuova zona archeologica per saggiarne la riuscita e chissà se quelle pietre sapranno raccontarci almeno un po’ della storia che hanno visto passare sotto e sopra quelle arcate.