Buche, buchette, voragini. Le buche di Roma ormai sono tristemente famose. Le strade devastate della città sono uno dei tanti incubi di Virginia Raggi, non il principale ma certamente il più fastidioso perché resta irrisolto pur essendo di facile soluzione. Tante le promesse fatte durante la campagna elettorale dall’allora candidata grillina al Campidoglio per cancellare le pericolose vie ridotte stile gruviera.
Il 16 giugno 2016 la Raggi, pochi giorni prima della trionfale elezione a sindaca della capitale, assicurava a SkyTg24: «I soldi per le buche si possono trovare dal tesoretto di 1,2 miliardi di euro degli sprechi, ma ci vuole la volontà politica per aggredire sacche di privilegi, cosa mai fatta. Dobbiamo rispettare le norme sugli appalti».
Eletta sindaca le buche di Roma restano, anzi si moltiplicano mentre i mesi passano. Lo scorso febbraio la Raggi si fa coraggio e si cosparge la testa di cenere: «Mi scuso con i romani per le buche, ci stiamo lavorando». A maggio, dopo un nulla di fatto, torna ad assicurare: «I lavori stanno partendo». Effettivamente qualche centinaio di buche è riparato con delle “toppe” di asfalto e il manto di alcune strade è rifatto, ma sono gocce in un mare sconfinato.
Le buche della città salgono a diecimila e sono sempre più pericolose: causano oltre dieci incidenti al giorno, soprattutto tra centauri su moto e ciclisti. In alcuni casi le cadute sono rovinose e danno altro lavoro agli ortopedici degli ospedali. Non riuscendo a riparare le buche, il Campidoglio trova una astuta soluzione: abbassa i limiti di velocità al “passo di lumaca” per ridurre i pericoli di incidenti. A via Nizza i cartelli stradali impongono una velocità (si fa per dire!) di 10 chilometri l’ora. Sulla Cristoforo Colombo, sull’Aurelia e la Salaria i limiti vengono abbassati fino a 30 chilometri l’ora. Poi dei lavori di emergenza risolvono provvisoriamente qualcosa.
Ma il problema resta: Roma ha delle strade devastate somiglianti al frastagliato paesaggio lunare. Così alla fine arriva il soccorso del governo e della regione Lazio al Campidoglio. In particolare interviene Carlo Calenda. Dall’accordo per il rilancio di Roma tra la Raggi, il ministro dello Sviluppo economico Calenda, il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, Cgil-Cisl-Uil e le aziende, sembra saltare fuori la soluzione. Il “Tavolo per Roma“, l’intesa pilotata dal ministro (fino ad oltre 3 miliardi di euro di fondi pubblici) siglata lo scorso 17 ottobre al dicastero dello Sviluppo, attiverà anche circa 200 milioni di euro per l’operazione “zero buche”.
Il comune di Roma metterà sul piatto 17,5 milioni di euro, la Regione Lazio 44 milioni, il governo Gentiloni 140. Gran parte del lavoro cadrà sulle spalle di Invitalia, l’azienda del ministero dell’Economia incaricata degli appalti pubblici (ha avuto questo compito nelle zone terremotate, a Pompei, nella bonifica di Bagnoli). Prima è prevista la mappatura degli 8.700 chilometri delle strade romane, poi verranno indette le gare di appalto per i lavori.
L’intenzione è di procedere con celerità. A metà gennaio l’operazione “zero buche” dovrebbe cominciare dalla galleria Giovanni XXIII per poi svilupparsi per tutta la metropoli. Le buche di Roma questa volta hanno i mesi contati, forse.