Assassinato alla fermata del tram. Morì raggiunto da 23 pugnalate infertegli a pochi passi dall’ingresso del Teatro Argentina a Roma. Raccontato così in pochi riconoscono subito uno dei più famosi e raccontati assassinii della storia, quello di Giulio Cesare. Eppure i dettagli sono esatti e documentati. Hanno solo il difetto di avere riferimenti ad una topografia di oltre duemila anni lontana dagli avvenimenti narrati.
La morte di Cesare è uno di quei fatti storici dei quali ci sono stati riferiti più dettagli, con racconti delle ultime ore di vita del fondatore della dinastia Giulia degni della sceneggiatura di una telenovela, con tanto di riferimento persino ai sogni della moglie nella notte precedente le idi di marzo più famose della storia. Svetonio ci racconta passo a passo persino il tragitto di Cesare da casa alla curia di Pompeo, dove si sarebbe tenuta quel giorno la seduta del Senato; Strabone ci aggiunge un minuzioso elenco dei fatti straordinari che avrebbero dovuto indurre chiunque e tanto più Cesare dall’evitare di recarsi a quell’appuntamento con la morte; Cassio Dione ci conferma che fu Trebonio che fece tardare fuori dalla riunione del Senato Marco Antonio, il più prestante degli alleati di Cesare, per evitare che il divo Giulio potesse contare su energici difensori all’interno della Curia. Ma è Plutarco, nella sua Vita di Cesare, che fornisce il dettaglio decisivo sulla localizzazione del luogo esatto dell’esalazione dell’ultimo respiro: dopo essere stato assalito sul suo scranno nell’aula del Senato, il dittatore fu strattonato per la tunica per alcuni passi mentre si difendeva in qualche modo, ma fu solo ai piedi della statua di Pompeo, esattamente «contro il piedistallo della statua di Pompeo», che Cesare si riparò con la tunica sulla testa mentre con la mano sinistra la tendeva fin sotto il ginocchio in modo da avere compostezza anche nella morte e si lasciò cadere, abbandonando ogni residua difesa dopo aver visto fra gli assalitori anche il fido Marco Bruto.
Shakespeare ha ricamato su questi dettagli una delle sue tragedie più note e in epoca moderna sceneggiatori di film non hanno dovuto lavorare troppo di fantasia per dare patos a una sequenza già spettacolare in ogni suo dettaglio storico.
Di quel piedistallo poi la storia non ha perso le tracce. Sappiamo che pochi anni dopo quelle idi di marzo del 44 avanti Cristo, il figlio adottivo del Divo Giulio, Augusto, primo imperatore di Roma, fece portare fuori la statua dal recinto della curia e del porticato di Pompeo, che costituivano una sorta di maestosa e ricca anticamera del teatro, il primo teatro in muratura di tutta Roma. Ma volle che la lastra del piedistallo fosse lasciata al suo posto, come segno indelebile del luogo in cui Cesare esalò l’ultimo respiro.
Teatro, portico e area sacra antistante con i suoi templi di epoca repubblicana subirono nei secoli successivi le trasformazioni avute da tutta Roma, in particolare dal Campo Marzio che rimase attraverso i secoli l’unica zona costantemente abitata di Roma e quindi soggetta a più profonde e successive evoluzioni architettoniche ed urbanistiche. Fu così solo con gli scavi del 1909 che i templi sacri di Largo Argentina vennero alla luce e con gli scavi di epoca fascista nei decenni successivi fu ritrovato anche il muro di cinta della curia di Pompeo. A quel punto bastò seguire le indicazioni delle fonti storiche per individuare il luogo dell’assassinio.
I cartelli che ci sono oggi in piazza per illustrare ai visitatori i reperti archeologici raccontano che dietro al tempio circolare «lì dove è una pianta di pino, venne ucciso Giulio Cesare». Le certezze legnose (con riferimento al pino che svetta ancora fra i ruderi romani) del cartello sono però state corrette qualche anno fa allorché l’azienda tranviaria comunale decise di prolungare il tracciato del tram 8 – una delle linee più trafficate di Roma perché taglia tutto Trastevere fino ad arrivare nel cuore della città – spostando il capolinea da largo Argentina a piazza San Marco, fino ai piedi dell’Altare della patria. Facendo i lavori di smantellamento delle rotaie davanti al Teatro Argentina per deviarle in via delle Botteghe Oscure, nel 2012 sono stati fatti ulteriori interventi di consolidamento dell’area con la possibilità di individuare in maniera più precisa il famoso podio della statua di Pompeo lasciato da Augusto a “marcare il territorio”.
Per saperne di più si potrebbero interpellare i gatti che, da sempre padroni di largo Argentina, ora hanno proprio messo su casa da quando, in alcuni locali nei sotterranei sul lato del Largo verso via delle Botteghe Oscure, un gruppo di volontari ha dato vita all’«Associazione culturale colonia felina Torre Argentina, centro per la sterilizzazione», che funge anche per l’adozione a distanza dei Divi Gatti dell’urbe. Chissà che annusando qualche metro più in là, oltre il pino, sotto il marciapiede di fronte al teatro questi tanto coccolati felini non possano ritrovare tracce del sangue del capostipite dei Divi Giulii romani.