Lunedì 13 novembre 2017 è accaduto a Bruxelles uno di quegli episodi politico-istituzionali, nei rapporti fra gli Stati, che a prima vista paiono di routine ma che possono avere invece conseguenze storiche inimmaginabili e di enorme portata. A Bruxelles, infatti, la grande maggioranza dei membri della UE – 23 nazioni su 28, comprese Italia, Germania, Francia e Spagna – ha firmato e consegnato alla ministra degli Esteri europea Federica Mogherini la richiesta ufficiale di partecipare alla PeSCo (Cooperazione Strutturata Permanente sulla Difesa). E già molti si domandano se questo primo passo porterà finalmente a un esercito europeo, come ha esplicitamente detto di volere il presidente francese Emmanuel Macron.
Per comprendere la straordinaria importanza di questo evento bisogna risalire al lontano 1952. In quell’anno, e fino al 1954, si svolse nell’Europa continentale un’accanita discussione circa l’opportunità o meno di creare la CED (Comunità Europea di Difesa) assieme alla CEE (Comunità Economica Europea). La storia ci dice che quest’ultima è stata realizzata – fino a giungere alla moneta uguale per tutti – mentre la comunità di difesa non ha mai avuto seguito.
E i motivi sono apparsi evidenti fin dal primo momento: mentre per la CEE ogni Stato aveva di che contribuire alla comunità sul piano produttivo (la Germania con il bacino della Ruhr, l’Italia con il triangolo Torino-Genova-Milano, la Francia con i dipartimenti del Nord e della Lorena, il Belgio con il Borinage e Charleroi, i Paesi Bassi con Eindhoven e Tilburg, il Lussemburgo con il bacino dell’Alzette), in campo militare gli squilibri e le distanze fra gli Stati europei sono stati sempre stridenti. Solo la Francia – nel dopoguerra – aveva un esercito e una difesa degni di tal nome mentre l’apporto militare dell’Italia, del Belgio, dell’Olanda e del Lussemburgo era molto ridotto. La Germania, poi, non aveva neppure un esercito dopo la disfatta della guerra. Quanto alla Gran Bretagna, all’inizio non faceva neppure parte della Comunità europea e in campo militare il suo è stato da sempre uno splendido isolamento. Così la CED non nacque, e principalmente per l’opposizione della Francia.
Però oggi la situazione internazionale è profondamente mutata. La UE non può più permettersi di tenere congelate questioni vitali come quella della difesa comune e quella, direttamente conseguente, della politica estera comune. In particolare dopo l’uscita della Gran Bretagna (irriducibile isolazionista in campo militare, al pari della Francia) e dopo le prese di posizione di Trump, il quale ha ripetutamente proclamato che la UE deve mettere mano al portafogli nel settore della difesa e può contare sempre meno sulla “generosità” degli USA. Senza dimenticare la politica aggressiva della Russia nel campo dell’intelligence, della propaganda e dell’intervento nelle questioni interne di altri Paesi attraverso l’informatica e le fake-news.
Ora, che la posizione francese – per bocca di Macron – sia variata di 180 gradi la dice lunga su come sono cambiate le cose in materia di cooperazione militare nella UE. Non si può prevedere come e in che tempi si svilupperà la questione, ma certo le novità internazionali prima elencate hanno dato una bella spinta ai governanti europei sulla via di una difesa comune. «Quello di oggi è un giorno storico per la Difesa europea – ha detto il 13 novembre Federica Mogherini, Alto Rappresentante per la politica estera Ue – ma non si tratta di una giornata celebrativa. È l’inizio di una nuova storia».