Il Corriere della Sera ospita il quotidiano commento del buonista a tempo pieno Massimo Gramellini in cui egli questa volta, con generoso slancio, si avventura nella seguente affermazione (riferendosi all’annunciato ritiro di Alessandro Di Battista dalla politica): «Sarò ingenuo, ma la decisione del parlatore seriale Alessandro Di Battista di lasciare il Palazzo mi sembra sincera». E prosegue, il Gramellini, con uno sperticato elogio del Nostro, paragonandolo addirittura al “Che” Guevara e al suo animo nobile d’artista. Poi si scaglia contro coloro che hanno osato mettere in dubbio la sincerità del Di Battista medesimo, affermando che attribuiscono al romantico grillino i loro maligni pensieri.
Ebbene, sarò un malpensante ma questa storiuncola del ritiro dal Palazzo può avere diverse letture, oltre a quella benevola ed elogiativa messa su da Gramellini per la testata di Urbano Cairo.
Ciò perché era chiarissimo fin dall’inizio che, una volta designato – da chi di dovere – Luigi Di Maio quale candidato principe del M5S, rimaneva da trovare urgentemente una sistemazione all’altro gallo del pollaio, ossia il Di Battista, pena sussulti e scontri interni al MoVimento. Tanto più che fra qualche mese ci sarà da sistemare altri galletti, come ad esempio Roberto Fico o Roberta Lombardi, una volta che questi dovranno lasciare le loro attuali poltrone istituzionali.
Ora Di Battista, evidentemente, deve aver rifiutato tutte le soluzioni di ripiego propostegli da Casaleggio e da Grillo, per cui alla fine si è giunti alla trovata geniale di saltare un giro, con enormi vantaggi per tutti i big del M5S. Ovvio che lo si fa ma non lo si dice, per cui si è tirata fuori la favoletta del nobile e romantico gesto del ritiro definitivo dalla Politica.
La mossa di far saltare un giro al Dibba – geniale, ripeto – presenta innumerevoli vantaggi: 1) libera, per il momento, Di Maio dalla scomoda presenza del Di Battista e non costringe quest’ultimo a dargli forzatamente una mano; 2) evita al Dibba di apparire come una ruota di scorta, intaccando il suo indubbio prestigio presso le masse adoranti; 3) crea con il Di Battista una “riserva” del MoVimento, intatta nella sua immagine vincente, se Di Maio dovesse fallire; 4) in ogni caso crea una “riserva” del MoVimento per quando il Di Maio dovesse esaurire naturalmente il suo ciclo; 5) evita per ora al M5S di affrontare la spinosa questione del doppio mandato, in quanto il Di Battista ritirandosi mantiene intatte le sue chance di presentarsi per una seconda elezione al Parlamento; 6) evita lotte interne al MoVimento e perciò facilita chi comanda veramente la baracca, ossia Casaleggio e Grillo; 7) crea un evento di grande efficacia propagandistica, opportunamente sostenuta da testate amiche del M5S.
Ebbene, che si vuole di più?