Ci sono voluti dieci anni: ieri il governo ha formalmente preso atto che la regione Lazio è uscita dal periodo di commissariamento per il disavanzo finanziario della Sanità. Il Consiglio dei ministri, a seguito dell’ultima verifica in sede di tavolo tecnico con il ministero dell’Economia sul piano di rientro, ha certificato l’avvenuto ripiano.
Ora diversi adempimenti tecnici devono essere attuati per una formale uscita vera e propria dalla fase del disavanzo per la quale la Regione sarà impegnata nei prossimi mesi. La richiesta è che il tutto avvenga nel più breve tempo possibile.
Per veder tornare a dirigere la sanità regionale da parte di un assessore a tempo pieno molto probabilmente dovremo tuttavia vedere prima le elezioni regionali e la costituzione di una nuova giunta.
Il sindacato sulla sanità ha aperto un confronto che deve riprendere con più forza, interrompendo la logica dei due tempi che lo ha visto in dissenso: quello degli interventi sulla rete ospedaliera e del cosiddetto “efficientamento” e l’altro quello del riordino qualificato della rete sanitaria territoriale che ancora mostra inadeguatezze e molto parziali interventi a macchia di leopardo.
Per il sindacato è il momento di una trattativa organica per qualificare e far funzionare i servizi sanitari territoriali, che nei dieci anni trascorsi dall’inizio del commissariamento della sanità del Lazio dovevano essere messi nelle migliori condizioni operative, in contemporanea con i tagli ai posti letto ospedalieri e l’avvio della nuova rete ospedaliera.
Una occasione in più per il sindacato, per richiedere una trattativa che affronti le urgenti questioni del rilancio del Servizio Sanitario Territoriale, per un qualificato Servizio Sanitario Regionale Pubblico, per tutti.
La regione Lazio promuova l’assunzione attraverso concorsi pubblici di personale delle Asl, a partire da quello sanitario. Il personale è in numero insufficiente e in età prossima alla pensione. Zingaretti ha sanato una situazione dal punto di vista finanziario. Ora va verificato dal punto di vista dell’annunziato piano straordinario di assunzioni (3.500 persone) e degli annunciati 720 milioni di euro di investimenti tra infrastrutture e acquisto di nuovi materiali.
Il 12 dicembre lo sciopero nazionale generale di tutti i dirigenti sanitari (infermieri, medici, biologi, chimici ecc.) è per tornare dopo anni a contrattare retribuzioni e diritti sul posto di lavoro, ma è anche una fortissima risposta per riorganizzare e riqualificare il servizio sanitario pubblico in ogni regione e in ogni Asl. È doveroso alzare il tiro, perché non ci si può rassegnare al fatto che oggi in Italia 11 milioni di cittadini rinunzino alle cure perché non possono accedere al SSN.
Il governo deve tornare a investire in salute. È ora di cambiare. Stop alla privatizzazione della sanità pubblica.