L’Italia è un paese strano: dilaga la disoccupazione, il precariato e il lavoro nero. Dal 2008 è ripresa la tragica emigrazione di massa verso le nazioni del nord Europa, Stati Uniti e Australia, eppure ci sono aziende del Belpaese che non riescono a trovare manodopera.
È il caso della Antonio Carraro, un’azienda in provincia di Padova, famosa nella produzione di trattori compatti per l’agricoltura specializzata. La Carraro di Campodarsego, una impresa con alle spalle una lunga storia produttiva iniziata nel 1907, da mesi attende risposte positive dalle agenzie interinali del territorio. L’azienda vuole assumere 70 persone tra tecnici ed operai, ma nessuno si presenta per firmare il contratto di lavoro.
Eppure la disoccupazione anche nel Veneto si fa sentire. Le condizioni di lavoro sono buone, l’azienda è solida, sono stati effettuati consistenti investimenti nelle nuove tecnologie digitali. È offerto un inquadramento stabile, e non contratti a tempo determinato o part-time. Anche il salario minimo proposto per le più basse qualifiche è buono. La responsabile delle relazioni esterne, Liliana Carraro, ha precisato: «Offriamo un contratto base di terzo livello che fa riferimento al contratto nazionale del settore metalmeccanico, con una retribuzione di 1.590 euro lordi mensili».
Non è male. Eppure i 70 nuovi dipendenti non si trovano. Non si trovano ingegneri meccanici, progettisti, periti meccanici disegnatori, periti elettrici e elettromeccanici, operai addetti alle lavorazioni meccaniche, alla carpenteria, al controllo qualità del prodotto. Così la clamorosa e incredibile notizia è esplosa sui giornali di tutta Italia.
La spiegazione non c’è, è un mistero. Eppure la disoccupazione in Italia supera quota un milione. I senza lavoro tra i giovani sono quasi il 40%. Secondo l’Istat (Istituto centrale di statistica) ogni anno emigrano oltre 100 mila persone, in gran parte ragazzi, per cercare un lavoro o migliorare le proprie condizioni caratterizzate dallo sfruttamento.
La realtà, inoltre, sarebbe ancora più drammatica. Secondo molte ricerche come quella del Faim (Forum associazioni italiane nel mondo) illustrata ai primi di novembre in un convegno al Senato, la fuga dall’Italia di “cervelli” e “braccia” avrebbe le dimensioni di un tragico esodo: 300 mila persone partirebbero ogni anno, 600 mila sarebbero andate a cercare lavoro all’estero nel biennio 2015-2016. I dati, circa tre volte superiori a quelli dell’Istat, hanno un preciso motivo: molte volte gli emigrati lasciano la residenza in Italia.
Resta il mistero del lavoro rifiutato alla Antonio Carraro, società per azioni. Sul suo sito internet c’è scritto: «Vieni a lavorare con noi» e «inviaci il tuo curriculum». Certo non è meglio essere disoccupato, o lavorare in un call center, o consegnare pizze a tutte le ore con un motorino con compenso a chiamata. Liliana Carraro ha avanzato una ipotesi: «Forse i giovani di oggi vogliono fare tutti il medico o l’avvocato, ma non credo che riusciranno a trovare pane per i loro denti nell’Italia in cui viviamo».
R.Ru.