Praticamente hanno funzionato solo i servizi essenziali, di emergenza. Medici in sciopero. Due gli slogan più gettonati: «Prima di votare pensa alla salute» e «la sanità pubblica ha chiuso oggi per non chiudere per sempre». La sanità pubblica italiana ieri si è fermata. Hanno scioperato per 24 ore medici, veterinari e dirigenti del Servizio sanitario nazionale. In tutto l’agitazione ha interessato 134 mila camici bianchi. Sarebbero saltate circa 40 mila operazioni chirurgiche non urgenti e migliaia di visite negli ospedali.
I sindacati sono soddisfatti per il successo dello sciopero. Parlano di una protesta riuscita con «punte di adesione dell’80%». I medici ieri hanno manifestato davanti al ministero dell’Economia a Roma, in via XX Settembre e in altre 50 città italiane.
Medici in sciopero. Sotto accusa è il governo Gentiloni per “i tagli” ai fondi per la sanità, per gli organici insufficienti, per il precariato, per il mancato rinnovo dei contratti nazionali di lavoro. Il presidente dell’Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani, Pierluigi Marini, ha commentato: «Siamo molto preoccupati per il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza». Finora l’impegno del personale ospedaliero ha «in qualche misura tamponato le emergenze e mitigato gli effetti dei tagli succedutisi negli anni, ma non si può sperare di sopperire a deficit strutturali contando solo sullo spirito di sacrificio e sul senso di responsabilità di medici e infermieri».
Medici in sciopero contro il rischio della spaccatura e dello sgretolamento della sanità pubblica italiana. Si sta intensificando il drammatico fenomeno del dualismo tra ospedali nel Nord che funzionano abbastanza bene nonostante le difficoltà e quelli del Sud troppo spesso alla deriva; così i cittadini meridionali in molti casi sono costretti ad emigrare nelle regioni settentrionali per farsi curare. L’Anaao, il maggiore sindacato dei medici ospedalieri, ha lanciato un drammatico allarme: «La diminuzione del perimetro della tutela pubblica sta provocando tra i cittadini attese più lunghe, maggiori disuguaglianze territoriali, crescita del divario tra chi può curarsi e chi no». La conclusione è tragica: «Ormai si declina il diritto alla salute in base alla residenza e la distanza tra Bolzano e Napoli si può esprimere in 700 chilometri o in 4 anni di aspettativa di vita». E dopo le scelte prese con la legge di Bilancio 2018 la situazione «è avviata a peggiorare». In genere le regioni meridionali hanno i conti della sanità più disastrati e sono state commissariate dal governo. La regione Lazio è riuscita a risanare i bilanci che erano in profondo rosso e ai primi di dicembre è finito il commissariamento. Immediatamente dai sindacati regionali del Lazio sono partite le richieste al governo per riaprire i rubinetti dei fondi pubblici per investimenti e assunzioni.
Il Sistema sanitario nazionale rischia il collasso a causa di “un sottofinanziamento cronico” e i medici sono “allo stremo”, chi va in pensione in genere non è rimpiazzato e i contratti nazionali di lavoro attendono da 8 anni il rinnovo. Al centro della protesta c’è proprio la legge di Bilancio, da cui ci si aspettava una attenzione maggiore per la sanità, a partire proprio dai fondi per finanziare i rinnovi dei contratti. Ma a conti fatti, secondo il sindacato dei medici dirigenti Anaao-Assomed, “mancano almeno 600 milioni al comparto”. C’è anche la denuncia della diminuzione del personale, con una riduzione dei medici pari a 9 mila unità dal 2010, a cui sono da aggiungere 50 mila unità per il resto del personale.
‘Adesso tocca a noi!’ è lo slogan dello sciopero, rilanciato dalla Funzione Pubblica Cgil, che punta il dito «contro le fallimentari scelte politiche del governo sul Sistema sanitario nazionale e contro una legge di Bilancio che interviene prevalentemente attraverso bonus, ma manca un reale finanziamento per la ristrutturazione di politiche di welfare, e la sanità, in tutto questo, è la grande esclusa».