La “narrazione” si è scontrata con la realtà e ne è uscita piuttosto malconcia. Il senso delle elezioni del 4 marzo è tutto qui: una classe dirigente che per mesi ha bombardato il Paese con un racconto di successi, di conquiste e anche di minacce, è stata bocciata dagli elettori in un modo che non lascia spazi ad equivoci o ad interpretazioni ambigue.
Così, per una sorta di eterogenesi dei fini, una legge elettorale costruita per non turbare gli equilibri politici e rendere inevitabile una grande coalizione, ha invece determinato una chiarezza di orizzonti politici alla quale non eravamo più abituati. Una legge che puntava a congelare la divisione tripolare degli schieramenti, fatta approvare con il voto di fiducia a dispetto di quel buonsenso costituzionale che si vorrebbe da chiunque governi, ci ha invece restituito un Paese che torna bipolare e rende paradossalmente molto più semplice la strada di chi deve costruire le condizioni per formare il nuovo Governo.
La conquista, da parte del Movimento 5 Stelle, della centralità del sistema politico azzera il ruolo di Renzi e Berlusconi ed apre alla possibilità di definire due scenari, uno di centro sinistra ed uno di centro destra. Ed è già un bel passo in avanti. A ben vedere l’indicazione degli elettori era già giunta forte e chiara un anno fa con il referendum, ma un establishment tenace quanto poco lungimirante ha fatto finta di non accorgersene.
Ora non è più possibile raccontare che nulla sia successo e da qui al 23 marzo, quando Senato e Camera eleggeranno i rispettivi presidenti, la tela della politica dovrà iniziare a tessere le trame di un percorso nuovo. Non saranno passaggi facili, ma l’ingresso prepotente sulla scena di energie nuove potrebbe dimostrarsi il carburante giusto per far ripartire il cammino. Bisogna ridefinire le regole ed i confini del nostro stare insieme non escludendo un vero e profondo momento costituente ed avendo ben presente che, come scriveva Maritain «nessun agente umano e nessuna istituzione umana in virtù della propria natura ha il diritto di governare gli uomini».
Il messaggio più profondo che ci arriva dal voto del 4 marzo può essere allora proprio questo: è necessario, indispensabile, urgente, tornare alla partecipazione. Già Socrate ammoniva: «La pena che i buoni devono scontare per l’indifferenza alla cosa pubblica è quella di essere governati da uomini malvagi». E, a questo proposito, al di là della banalità del politicamente corretto, i cristiani rappresentano oggi una voce chiara e scomoda? Si è molto discusso negli ultimi tempi, e sono stati anche scritti libri, se i cattolici debbano fare politica ed in che modo. Sarebbe già un evento straordinario ed in qualche modo “rivoluzionario” se i cattolici ricominciassero ad essere cattolici.