E così anche Beppe Grillo si è beccato il suo “vaffa”. È successo a Torino, dove la candidatura alle Olimpiadi invernali del 2026, avanzata timidamente dalla sindaca Cinquestelle Chiara Appendino e appoggiata dal “fondatore-garante”, è finita con un ammutinamento che adesso rischia di far saltare la giunta.
I fatti sono noti: venerdì 9 marzo, mentre un centinaio di attivisti stanno discutendo sull’opportunità di firmare la manifestazione d’interesse al Cio (il Comitato olimpico internazionale), Grillo interviene in collegamento telefonico per dare una mano alla sindaca in difficoltà. Con il piglio deciso del capo scandisce: «Dobbiamo provare a ideare un’Olimpiade diversa, un’Olimpiade sostenibile. Non possiamo perdere l’opportunità di dimostrare che il movimento sa raccogliere le sfide e provare a gestire cose complicate».
Ma la risposta dei “puri” è un clamoroso “vaffa”. Due giorni dopo, il 12 marzo, la candidatura del capoluogo piemontese alle Olimpiadi fa saltare la seduta del Consiglio comunale chiamato a discutere la proposta. Per la prima volta dall’insediamento dell’amministrazione Appendino, in Sala Rossa manca il numero legale grazie all’assenza di quattro consiglieri pentastellati. Seduta interrotta e maggioranza a pezzi.
Grillo incassa in silenzio, ma dopo 48 ore cerca di ricucire lo strappo. Lo fa rispondendo all’accorata lettera della consigliera Ferrero che gli aveva espresso tutto il suo “sconcerto” per il cambio di posizione su uno dei temi caldi del Movimento: il no alle grandi opere e agli “sprechi olimpici”. «Capisco i vostri dubbi – scrive il capo – è giusta la preoccupazione di alcuni. Dovete essere voi a decidere». Ma i tempi non sono facili: «Dobbiamo dimostrare la possibilità di fare le cose a modo nostro rispettando le nostre linee guida su ambiente, economia e sostenibilità. Le nostre 5 stelle devono essere alla guida del progetto».
Il “vaffa” al “fondatore” è un segnale. Adesso per i militanti che si sentono traditi dalla svolta moderata e governativa di Di Maio il “fondatore” non è più intoccabile. Nemmeno lui può più permettersi di fare e disfare a proprio piacimento come ai tempi del gruppo parlamentare europeo e dell’alleanza con l’antieuropeista Farage, oppure alle comunarie genovesi, con l’esclusione della candidata sindaco indicata online dagli attivisti. Adesso che con il ribaltone sulle Olimpiadi Grillo sembra essersi allineato ai moderati, per i puri è diventato un traditore. Torino non è un caso isolato. Molti attivisti della prima ora sono sul piede di guerra e le trattative romane per il governo rischiano d’ingrossarne le fila.
È il destino di chi sceglie di fare politica issando il vessillo della purezza. E Grillo non fa eccezione. Perché, come diceva lo storico leader socialista Pietro Nenni, alla fine c’è sempre «un puro più puro che ti epura».