Alla Regione Lazio dopo dieci anni ci sarà un assessore alla Sanità. Nicola Zingaretti sceglie Alessio D’Amato. Un assessore regionale alla sanità come anche un coordinatore di una “cabina di regia” della gestione commissariale della Sanità, quale è stato Alessio D’Amato, lo si giudica da quello che fa e da come lo fa.
In una Regione come il Lazio un assessore alla Sanità di una giunta di centrosinistra, deve decidere in primo luogo – per rispetto di quelli che Zingaretti lo hanno votato – di rimettere il servizio sanitario PUBBLICO nelle condizioni di poter essere pienamente accessibile ai cittadini. Così oggi non è. Lo deve fare decidendo da subito, fra i diversi usi delle risorse finanziarie del bilancio regionale, di investire subito e congruamente risorse finanziarie nel servizio sanitario PUBBLICO per il rilancio organizzativo e funzionale delle Asl e delle Aziende Ospedaliere (edilizia, tecnologie, ecc).
La seconda cosa che contemporaneamente l’assessore deve fare è (sempre con una programmazione pluriennale), l’avvio di un piano qualificato regionale di assunzioni nel PUBBLICO (Asl e AO), con concorsi a tempo indeterminato di personale sanitario e non (a partire dai circa 9000 operatori che già oggi mancano).
Lo deve fare con una idea di rilancio della offerta pubblica nel suo insieme, avviando un piano più complessivo di riorganizzazione del personale oggi esistente (a diverso titolo assunto) per ridare ai servizi ospedalieri, da tempo avviati al riordino, il personale mancante ma anche per l’allocazione e riallocazione (mobilità) di personale da impegnare nei servizi territoriali, funzionale seria e incentivata e tale da metterli in grado (come oggi non è) di essere riconosciuti efficaci dai cittadini.
Le due cose, se Zingaretti vorrà essere conseguente alla mezza autocritica fatta nelle settimane antecedenti il voto, la Regione non le deve fare, come nella passata consiliatura Zingaretti-Smeriglio, in house, con una gestione formalistica (non distante da quella dei governi Renzi e Gentiloni con le oo.ss.) della relazione e del confronto con la controparte sindacale, ma convincendosi che è utile anche alla sua giunta ripartire avviando sui due punti due contrattazioni con le organizzazioni sindacali.
Con la ripartenza non si può pensare di ricominciare da singoli aspetti del Servizio Sanitario Regionale, pur importanti e da gestire, ma riprendendo su punti di carattere più generale. I dieci anni del piano di rientro bene o male sono finiti e non ci sono più alibi. Si attendono scelte pubbliche di campo che possono caratterizzare una legislatura, definendo da subito il profilo di una giunta ed evidenziandone gli obiettivi più generali in tema di salute.
In una Regione come il Lazio è venuto il momento di sapere se si vuole portare avanti un processo di parificazione del pubblico e del privato all’insegna della integrazione-sostituzione fra i due (il “sistema sanitario regionale”), attuale, sempre più squilibrato verso il privato oppure se l’emimercato (che è realtà da nessuno messa in discussione e che la stessa legge l833 già metteva nel conto) sia chiaramente definito nel suo perimetro (rapporto e distinzione fra offerta sanitaria pubblica e offerta privata), senza nulla togliere al ruolo del privato accreditato (Aris, Aiop, Anisap, ecc.), al suo ruolo nell’oggi e nel domani e senza disconoscere qualità, eccellenza e professionalità dell’offerta sanitaria privata.
La questione è se una giunta di centro sinistra (sopravvissuta come possibile coalizione governante all’azzeramento della formula in tanti enti locali del Lazio) e l’assessorato alla Sanità regionale per lei vorrà o meno seguitare come prima, senza introdurre discontinuità, confermando tutte le scelte e i vecchi modus operandi. Il diritto alla salute dei cittadini del Lazio, la Regione lo deve garantire dando loro la certezza che in questa nuova fase della vita regionale centrale torna ad essere il Servizio sanitario pubblico, universale, per tutti. Aspettiamo a vedere la ripartenza dell’assessorato regionale alla Sanità a dieci anni dalla sua scomparsa. Aspettiamo anche di capire quali idee sul SSR ci siano nel nuovo Consiglio regionale.