L’Italia è uno strano Paese. Un tempo la Lega batteva i pugni sul tavolo per trasferire i ministeri da Roma al Nord, ora li batte invece per farli traslocare al Sud. Matteo Salvini in una intervista al Messaggero, il giornale della capitale, ha sparato l’idea del trasferimento dei ministeri dalla città eterna nel Mezzogiorno: «Per esempio il ministero delle Infrastrutture potrebbe andare a Napoli o a Bari».
C’è una spiegazione politica alla proposta. Il Carroccio, per volontà di Salvini, non si chiama più Lega Nord e nel simbolo c’è scritto: “Lega. Salvini premier”. Non è più un partito localista del settentrione d’Italia, ma una Lega nazionale: punta a raccogliere i voti non solo al Nord ma anche al Centro e al Sud. E il miracolo, dopo una serie di insuccessi, è riuscito: il Carroccio ha ottenuto una valanga di voti nelle elezioni politiche del 4 marzo anche al Sud e al Centro, non solo al Nord. Il segretario della Lega è stato addirittura eletto senatore in Calabria. Adesso in nome di una “ricucitura” tra il Nord e il Sud Italia e nella prospettiva di “un paese federale”, lavora per un trasloco dei ministeri nel meridione.
Va nella direzione del tutto opposta a quella di Umberto Bossi. Il fondatore e primo segretario del Carroccio prima predicò la secessione dell’Italia, poi il federalismo con il trasferimento dei ministeri da “Roma ladrona” al Nord. Bossi fece fuoco e fiamme contro le resistenze dell’alleato Silvio Berlusconi alla proposta. Ma poi nel 2011 la spuntò con l’allora presidente del Consiglio. Bossi nel luglio di quell’anno inaugurò nella Villa Reale di Monza le sedi distaccate di quattro ministeri: Riforme, Semplificazione normativa, Turismo, Economia.
L’allora segretario del Carroccio e ministro delle Riforme sprizzava gioia: «A Roma non sono contenti? Sono contenti al Nord». I ministri Giulio Tremonti e Roberto Calderoli accanto a lui sorridevano compiaciuti. Anzi, l’allora ministro della Semplificazione commentò: «È la realizzazione di un sogno». Ma il “sogno” non durò a lungo: nel novembre del 2011 il governo Berlusconi cadde mentre i titoli del debito pubblico italiano stavano crollando. Mario Monti, il successivo presidente del Consiglio di un governo tecnico, cancellò il trasferimento dei dicasteri al Nord.
Adesso è il turno di Salvini: dal Polo Nord passa al Polo Sud. I problemi costituzionali e le proteste dei romani per la sottrazione dei ministeri? Il segretario della Lega nazionale ha smussato le obiezioni e rassicurato gli abitanti della città eterna nella quale pure ha mietuto una marea di voti: ha garantito un “ruolo forte per Roma” perché la “centralità” della capitale italiana aumenta in uno stato federale. Dagli altri partiti arriva un coro di no con dei distinguo. La sindaca grillina della capitale Virginia Raggi considera positiva la proposta perché rafforza i poteri della capitale, ma boccia l’ipotesi trasloco: «Lo spostamento dei ministeri fuori da Roma è assolutamente un’ipotesi balorda».
Gli stessi alleati di centro-destra non ci stanno. La presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, sempre in una intervista al Messaggero, ha concordato sulla necessità di rilanciare il Mezzogiorno «ma Roma va valorizzata e non punita», i dicasteri devono restare nella città eterna. Roma negli ultimi tempi ha subito molti duri colpi alla sua immagine e alla sua economia. Molte grandi aziende, con motivazioni diverse, hanno abbandonato la capitale e si sono trasferite a Milano (il caso più eclatante è quello dell’informazione televisiva di Sky). Se il Sud è carente di infrastrutture, invece di trasferire il ministero sarebbe più opportuno modernizzare e potenziare le ferrovie e le strade. Sottrarre a Roma anche i ministeri potrebbe essere il colpo definitivo al suo spirito: sarebbe come smontare il Colosseo per ricostruirlo a Milano accanto al Pirellone.
R.Ru.