È morto, sta bene, si sta riprendendo e presto tornerà in Libia. L’incertezza sulla sorte del generale Khalifa Haftar dall’inizio di aprile ha messo in fibrillazione le diplomazie internazionali. Le indiscrezioni contraddittorie sullo stato di salute dell’uomo forte della Cirenaica si sono susseguite senza sosta.
Poi diverse fonti hanno smentito la sua morte ed hanno confermato la malattia. Il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian il 19 aprile ha ufficialmente comunicato che il comandante dell’Esercito nazionale libico è ricoverato in un ospedale vicino Parigi. Ha annunciato che le sue condizioni di salute stanno migliorando. Secondo alcuni giornali francesi Haftar si trova nell’ospedale militare di Valde-Grâce.
Non è stato precisato, però, di che malattia si tratta. Le indiscrezioni prima hanno parlato di infarto e poi di ictus. L’ultima ipotesi ha indicato la causa del ricovero in un tumore ai polmoni che si è diffuso al cervello. Secondo un diplomatico europeo, citato dal Middle East Eye, Haftar non sarebbe quasi più in grado né di parlare né di capire e «non sarà mai più normale». Il primo allarme ufficiale sullo stato di salute del generale si è diffuso il 10 aprile, quel giorno sembra che sia stato trasportato d’urgenza dalla Giordania a Parigi.
L’uomo forte della Cirenaica, per ora, è fuori gioco. La sua assenza, se protratta, rischia di provocare un nuovo vuoto politico e altro caos. A Bengasi è già cominciata la lotta per la possibile successione. Il capo di stato maggiore delle forze armate di Haftar, Abderrazak al-Nadhiuri, il 18 aprile è sfuggito a un attentato realizzato, secondo i media turchi, con una autobomba nel capoluogo della Cirenaica. Al-Nadhiuri è tra i possibili successori al comando dell’Esercito nazionale libico.
La Libia non ha pace dal 2011, da quando è stato ucciso Muammar Gheddafi ed abbattuto il suo regime. Il paese nord africano da 7 anni è travagliato da una sanguinosa guerra civile, di fatto è diviso in due parti: la Cirenaica, ad est, è governata dal Parlamento di Tobruch e la guida è nelle mani di Haftar; la Tripolitania, ad ovest, è amministrata dal premier Fayez al-Sarraj insediato a Tripoli. Haftar, da Bengasi, e Fayez al-Sarraj, da Tripoli, non sono mai riusciti a trovare un accordo per superare i contrasti e dare vita a un governo di unità nazionale. Gli sforzi dell’Onu e, in particolare di paesi come l’Italia, sono falliti.
I terroristi islamici sono stati cacciati sia da Bengasi e sia da Sirte, ma la Libia resta preda di bande e di milizie locali in lotta tra loro. Particolarmente dura e sanguinosa è stata la battaglia per liberare Sirte. Gran parte dei terroristi dell’Isis sono fuggiti a sud, nel deserto del Fezzan, e sono pronti a colpire ancora; le stesse città della costa restano insicure e a rischio attentati. Haftar, 75 anni, è appoggiato dall’Egitto, dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Russia. Fayez al-Sarraj, 58 anni, è il premier riconosciuto dall’Onu e sostenuto dall’Italia e dagli altri paesi occidentali. Sia il primo e sia il secondo non riescono a controllare con sicurezza le rispettive aree per le scorribande di molteplici milizie locali.
Petrolio, migranti e terrorismo: la Libia ha una posizione geopolitica importante. Le estrazioni di petrolio, per i problemi di instabilità politica e di sicurezza, sono crollate negli ultimi anni. Un enorme flusso di immigrati africani si è riversato sulle coste libiche imbarcandosi per l’Italia. L’esodo dei migranti verso il nostro paese solo dalla scorsa estate si è drasticamente ridotto grazie agli accordi siglati dal ministro dell’Interno Marco Minniti con al-Sarraj, con i sindaci e i capi delle tribù della costa.
Minniti ha incontrato anche Haftar. Il generale libico, in una intervista al Corriere della Sera lo scorso settembre si è soffermato sui colloqui con i ministri italiani: «Abbiamo parlato dell’impegno comune nella lotta contro il terrorismo e della necessità di fermare l’immigrazione illegale. In proposito ho presentato un piano elaborato, ben consapevole che la Libia non è il punto di arrivo, ma solo un corridoio per i migranti che vengono in Europa». Da Bengasi lanciò molte operazioni militari per combattere il terrorismo islamico, per controllare vari giacimenti e raffinerie di petrolio, per allargare la sua influenza territoriale a scapito del governo di Tripoli.
Difatti è riuscito a controllare tutto l’est, gran parte del sud e una parte dell’ovest della Libia. Adesso il vuoto politico lasciato da Haftar pesa su tutto: le lotte interne hanno ripreso forza e le partenze degli immigrati verso l’Italia sono aumentate dopo il calo registrato dalla scorsa estate.
Il generale è considerato da tempo un interlocutore importante dalla Francia, attenta alla posizione strategica della Libia e alle sue grandi riserve petrolifere. Il presidente Emmanuel Macron, anche a rischio di entrare in rotta di collisione con l’Italia, lo scorso luglio ospitò a Parigi un vertice tra Haftar e al-Sarraj con l’obiettivo, fallito, di far concludere un accordo di pace dai due contendenti. Ora il generale è di nuovo a Parigi per curarsi e, secondo alcuni, anche per trattare intese privilegiate con l’Eliseo.