Il razzismo può avere mille volti diversi anche nel calcio. Può anche accadere, come è avvenuto, che un ragazzino italiano dalla pelle bianca insulti un suo coetaneo e connazionale dalla pelle scura: «Negro di merda…». E può accadere, come è successo, che Igor Trocchia, l’allenatore del Pontisola, la squadra vincente del ragazzo italiano dalla pelle nera, abbia deciso di ritirare i suoi giovani calciatori dal torneo per dare un segnale di civiltà contro il razzismo.
Il ragazzino autore dello stupido e grave insulto giocava con la maglia del Rozzano, l’altro era in campo con quella del Pontisola. La partita si è svolta a maggio in un campo di calcio vicino a Bergamo ed è stata vinta 6 a 4 dal Pontisola grazie anche un gran gol segnato da quel italianissimo mediano tredicenne dalla pelle scura, figlio di genitori del Burkina Faso ma nato in Italia.
Igor Trocchia con La Stampa ha ammirato il carattere del ragazzo offeso, appena tredicenne: «In questi giorni l’ho visto prima arrabbiato, poi triste. Oggi ha dimostrato di quale pasta è fatto. Mi ha detto che vuole andare avanti e dimenticare quello che è successo». Trocchia, l’allenatore del Pontisola, ex calciatore, anche lui è una persona di carattere: ha deciso di ritirare la propria squadra da un torneo che stava vincendo, in risposta a quell’insulto lanciato da un ragazzino italiano dalla pelle bianca contro un suo coetaneo italiano dalla pelle nera.
Il gesto è valso un importante riconoscimento a Igor Trocchia. L’allenatore del Pontisola, team calcistico del Bergamasco, ha ricevuto il 13 giugno il premio “Crescita Felice nello sport” promosso da Assoutenti, Associazione Nazionale Utenti Servizi Pubblici, e da AICS, Associazione Italiana Cultura Sport, ente di promozione sportiva e sociale. Il riconoscimento è stato assegnato a Trocchia, ha precisato un comunicato stampa, per «aver così trasmesso ai giovani e all’intera società gli autentici valori della vita e dello sport». Il premio gli è stato consegnato a Roma dal cestista professionista Daniele Bonessio nel corso della cerimonia ospitata nella sede della direzione nazionale di Aics. «Sono onorato del Premio che già nel suo nome conferma la modalità usata da me e dal mio staff nell’educazione dei nostri giovani atleti» ha commentato Trocchia.
L’allenatore si è soffermato sulla necessità di battere la strada dell’educazione alla tolleranza e all’inclusione sociale in nome dell’uguaglianza: «Il calcio, e lo sport in generale, hanno bisogno di fantasia non solo motoria ma anche mentale, che passi dal desiderio di condivisione e inclusione sociale. Per questo, ritengo necessario oggi più che mai che l’allenamento sportivo sia accompagnato da una precisa formazione pedagogica, che aiuti l’allenatore in una conoscenza più approfondita e specifica dei propri atleti». Ha concluso: «Si cresce felicemente nello sport e questo può essere usato come leva sociale fondamentale: è ciò che ha guidato la mia decisione di ritirare la squadra dopo l’ingiustizia patita. Scelta che i miei ragazzi hanno capito subito, solidarizzando con il compagno».
Bruno Molea, presidente dell’Aics, ha elogiato il comportamento di Trocchia: «Sono i gesti che fanno la storia e danno l’esempio. In un’epoca di conflitti sociali, ci è parso giusto e appropriato assegnare questo riconoscimento a chi è riuscito con un gesto a utilizzare lo sport come strumento di educazione all’inclusione sociale e alla lotta a qualsiasi forma di discriminazione».