Nicola Zingaretti si candida alla segreteria del partito. Per rianimare il partito, finito in coma dopo il terremoto del 24 giugno con la perdita di Pisa, Massa, Siena e dei feudi “rossi”. Il governatore propone il “modello Lazio”. Quel “centrosinistra largo” (alleato con Liberi e uguali) lanciato nella campagna elettorale per le regionali e che il 4 marzo scorso lo aveva premiato con la vittoria sulla candidata Cinquestelle. Un risultato in controtendenza rispetto al resto del Paese, dove Renzi veniva azzerato e Di Maio metteva le ali per Palazzo Chigi.
Adesso il “modello Lazio”, chiamato alla verifica dei ballottaggi del 24 giugno, ha confermato d’essere il solo che gli elettori dem sembrano disposti a votare ancora. Come testimoniano le vittorie di Esterino Montino a Fiumicino, Pietro Tide a Santa Severa e Orlando Pocci a Velletri.
Dice gongolante il vicepresidente della regione Massimiliano Smeriglio: «Aprilia, Formia, Fiumicino, Velletri, Santa Marinella e soprattutto il III Municipio di Roma con la vittoria di Giovanni Caudo, dimostrano che il centro sinistra largo, ancorato ad esperienze civiche, può vincere investendo con coraggio sulla rigenerazione delle forme e dei contenuti». Insomma, l’esperimento laziale come punto di riferimento indispensabile per chi vuole battere destre e populismi e riorganizzare il campo democratico e progressista del Paese».
E così Zingaretti ha deciso di passare all’incasso chiedendo ai dem di cancellare Renzi e di “ripartire da zero”. Perché, come ha postato su Facebook, a questo punto «non bastano semplici aggiustamenti… Un ciclo storico si è chiuso. Vanno ridefiniti un pensiero strategico, la nostra collocazione politica, le forme del partito e il suo rapporto con gli umori più profondi della società italiana, l’organizzazione della partecipazione e della rappresentanza nella democrazia».
Che il governatore del Lazio avesse fatto un pensierino alla segreteria noi di Sfogliaroma (17 febbraio 2018) lo avevamo capito e scritto in tempi non sospetti, quando era ancora in corso la campagna elettorale per il 4 marzo: «Se l’isolazionista Renzi andasse male alle politiche scendendo sotto il fatidico 23 per cento e il federatore Zingaretti andasse bene alle regionali, la contrapposizione tra i due diventerebbe inevitabile».
La previsione è stata confermata. E adesso? Che cosa farà Renzi? Per il momento la maggioranza dem, che non ha un candidato segretario, prova a prendere tempo. In attesa di capire cosa farà Gentiloni, il problema dei renziani è che dopo il tracollo del 24 giugno anche l’ipotesi di prolungare la segreteria Martina nella prossima assemblea di luglio sembra impraticabile. Intanto, mentre Zingaretti continua a costruire la sua rete partendo dai sindaci e dagli amministratori, anche l’ex ministro Carlo Calenda è sceso in campo con un suo “manifesto”. “Per andare oltre il Pd” e uscire dall’era Renzi.