Il ministro della Salute Giulia Grillo ha assicurato che da ora in avanti, nel suo dicastero le nomine dei manager avverranno «solo per merito» e saranno fatte attraverso «selezioni pubbliche». «A cominciare» dal prossimo direttore generale dell’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco. Se la promessa fosse realizzata, rappresenterebbe un’autentica rivoluzione. Comprensibile, quindi, l’enfasi con cui l’esponente Cinquestelle ha accompagnato il suo annuncio su Facebook.
Bene. Ma le altre nomine? Come verranno assegnate le 350 e passa poltrone che il governo gialloverde dovrà occupare da qui alla fine dell’anno? Per il momento sono al centro di trattative avvolte dal più stretto riserbo. Dalle poche indiscrezioni disponibili, sembra di capire però che Salvini e Di Maio, i due azionisti del governo Conte, hanno ingaggiato un duro scontro. La conferma verrebbe dai numerosi consigli di amministrazione scaduti e non ancora rinnovati. Con buona pace della trasparenza invocata e ostentata dal ministro della Salute.
In cima alla lista, c’è la Rai, la madre di tutte le lottizzazioni (Sfogliaroma 4 luglio 2018). Il consiglio di amministrazione dell’azienda radio-televisiva è scaduto il 30 giugno, ma dietro le quinte Lega e Cinquestelle hanno ingaggiato un vero e proprio braccio di ferro sui candidati alla sostituzione del direttore generale, Mario Orfeo, e del presidente, Monica Maggioni.
Stesso discorso per la Cassa Depositi e Prestiti. Anche qui il governo ha preso tempo, rinviando al 18 luglio la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione. Quindi, al momento, non è dato sapere chi andrà alla guida della Cassa che, grazie ai risparmi postali degli italiani, dispone di un patrimonio di 410 miliardi di euro. Per il M5S, la Cdp dovrebbe diventare una sorta di Banca per gli investimenti, finanziando aziende di interesse pubblico e strategico nazionale: prima fra tutte l’Alitalia. Per il ruolo di amministratore delegato sono in corsa Marcello Sala, ex vicepresidente del cdg di Intesa San Paolo (caldeggiato dalla Lega) e Fabrizio Palermo, manager interno (attuale direttore finanziario) vicino a Cinquestelle. Il Tesoro invece punterebbe su Dario Scannapieco, ex vicepresidente della Bei, la Banca europea degli investimenti.
Ancora più complicata la situazione delle Ferrovie dello Stato. Lega e Cinquestelle non hanno mai digerito il blitz di Capodanno quando il governo Gentiloni, in carica per gli affari correnti, confermò per altri tre anni l’amministratore delegato Mazzoncini. Poi c’è il Gse, ossia il Gestore dei servizi energetici, che amministra 16 miliardi l’anno di incentivi alle rinnovabili. Scontro anche su questo fronte. L’avvio dell’era “post-Sperandini”, nonostante le promesse elettorali sulla trasparenza degli incentivi è ancora avvolto nella nebbia. Il 12 luglio l’assemblea dei soci Gse avrebbe dovuto fare i nomi del nuovo vertice. È finita con un nulla di fatto. L’assemblea si è infatti chiusa subito ed è stata aggiornata al 26 luglio.
Intanto, come ha rivelato il 12 luglio il quotidiano La Stampa, al meeting romano di Google sull’intelligenza artificiale, dove parlava Davide Casaleggio ed era vietato scattare foto e “divulgare notizie”, c’era una bella pattuglia di gran commis, a suo tempo “lottizzati” dal centrosinistra. Tra gli altri spiccavano Caio (ex Poste), Catania (ex Atm), Bassanini (ex Cdp), e Monica Maggioni (presidente Rai), che – come ha sottolineato maliziosamente uno dei presenti – se ne stava seduta vicino a Bernabè.