Alle volte la storia scorre assieme all’attualità. Alcune rare volte scorre anche a sorpresa. Mia moglie Laura mi propone di andare a vedere una mostra, guarda su internet e la scelta cade sul Museo del Barbiere, ingresso gratuito. Lo stupore arriva subito: in via Mario de’ Fiori 114, una strada di Roma tra piazza di Spagna e il Pantheon, c’è l’insegna di un barbiere, con la celebre colonnina tricolore blu-bianco-rosso che simboleggia il flusso sanguigno. Infatti già nell’antica Roma, e fino all’inizio del 1800, i barbieri erano anche medici chirurghi e in genere curavano le malattie cavando robuste dosi di sangue.
Apro la porta tra qualche dubbio e arriva la sorpresa, subito mi scuso: «Forse ho sbagliato, cerco il Museo del Barbiere, sa dov’è!?». Il barbiere chino sul cliente alza il busto e non si scompone: «È di sopra! Lì ci sono le scale».
Già, sorpresa: al piano terra c’è una elegante e curatissima barberia, al primo piano è allestito il Museo del Barbiere. È una stanza piccola, in penombra, raccoglie meraviglie e curiosità. Sulla destra c’è la mostra: sono appesi tre quadri di Alexia Molino, una pittrice che s’ispira a Van Gogh. I dipinti sono contrassegnati da forbici, rasoi e pennelli da barba. Accanto sono appese una decina di vecchie fotografie di inizio ‘900 con barbieri all’opera, mentre tagliano i capelli a uomini e ragazzi o sono intenti a radere la barba ai clienti.
Sulla parete di sinistra ci sono le curiosità e i cimeli del 1800 e del 1900, sono collocati in una ampia bacheca protetta da vetri: si susseguono rasoi a serramanico, affilarasoi, attrezzi per il salasso, forbici, tosatrici, calendari, pennelli, candelabri, rasoi di sicurezza, rasoi elettrici, vecchie lamette, asciugacapelli, boccette di profumo. Al centro della stanza è collocata una vissuta postazione da barbiere degli anni Trenta. Sono tutti attrezzi ed utensili con una storia alle spalle: arrivano dai saloni dei barbieri di varie città italiane, europee e di ogni angolo del mondo.
Questo, al primo piano, è il passato mentre sotto, al piano terra c’è il presente. Con Laura scendiamo le strettissime scale e torniamo all’attualità. Cerco di sapere qualcosa in più: «Davano per morto il barbiere, fino a poco tempo fa era considerato un mestiere in estinzione…». Massimo Romano, il barbiere gentile e inappuntabile, annuisce: «È vero, ci si vergognava perfino di questo lavoro!». Il pensiero mi va al 1968, quando ero ragazzo la contestazione studentesca lanciò la moda dei capelli lunghi e furono guai per i barbieri, ci fu una fuga dei clienti. Il barbiere era considerato un lavoro di poco conto, una consuetudine borghese da abolire.
Poi arrivò la moda delle teste rasate, allargatasi dal 1990 oltre l’originaria cerchia dei gruppi neofascisti skinhead e di quelli di estrema sinistra. E per i barbieri aumentarono i problemi: altre botteghe chiusero i battenti, molte si trasformarono in parrucchieri per donne, altre ancora si convertirono a un servizio unisex. Restarono solo poche barberie con una clientela ridotta ed affezionata.
Ma ora, nell’era della comunicazione digitale su internet, il fenomeno si sta invertendo: da qualche anno sta tornando la richiesta del barbiere, si sta risvegliando il piacere del taglio accurato dei capelli e della perfetta rasatura. Le antiche botteghe rifioriscono e aprono nuove attività. Pongo una domanda al mio cortese interlocutore, Massimo Romano: «Il Museo c’è da molto? Io non me ne sapevo niente». In qualche modo sono scusato: «Il Museo è aperto da poco, da ottobre! Siamo pieni di iniziative: ospitiamo anche mostre e appuntamenti culturali. Presto ce ne sarà un altro». Incalzo con una nuova domanda: «È lei il gestore?». La risposta arriva da una voce senza volto. Il cliente con il viso coperto da un panno e sdraiato sulla poltrona della barberia quasi si ribella: «Lui è l’ideatore, non solo il gestore!».
Nel mestiere di barbiere il lavoro diventa quasi un’arte. Non solo nel taglio dei capelli, nell’accontentare clienti di gusti diversi. Ma ora anche nel recupero del rito della vecchia “rasatura all’italiana”, tornata di moda dopo decenni di oblio. I manuali del settore sintetizzano: panno caldo, rasatura, panno freddo, cliente fermo sulla poltrona, il barbiere ruota attorno. È adoperato il rasoio con l’apertura a compasso: si cimenta la perizia e l’arte artigiana. Il cliente nella barberia con il volto coperto, probabilmente da un panno freddo dopo quello caldo e il passaggio del rasoio, forse ha sperimentato il piacere della rasatura all’italiana.