Il sogno dei pensionati italiani è di lasciare l’Italia e di andare a vivere nei paesi europei o extraeuropei nei quali gli assegni previdenziali sono esentasse o sono colpiti da imposte ridotte. E anche le nazioni ospitanti ci guadagnano: c’è un flusso di ricchezza che aiuta lo sviluppo economico. Sfoglia Roma pubblica una serie di articoli sul tema e sull’applicabilità della ricetta all’Italia.
E se ci fosse un posto in Italia, meglio se al sole, dove i pensionati pagano meno tasse? Idea accattivante per chi fa fatica ad arrivare a fine mese con la sua pensione oppure più semplicemente potrebbe vivere meglio con quella che riceve. L’idea non è nuova e sulla scorta di quanto avviene in alcuni Paesi europei anche in Italia da un po’ si ragiona attorno a questa ipotesi, che potrebbe attirare pensionati da tutto il mondo attratti da un buon clima e da servizi sociali di buon livello.
Un modo per dare un po’ di ossigeno al Pil così come la norma introdotta nel 2017 con la Legge di stabilità, che fissa in 100 mila euro l’anno, per un massimo di 15 anni, il forfait per i redditi prodotti all’estero. Un’attraente carota per super-ricchi che, ad esempio, deve essere piaciuta assai a Ronaldo …
Il primo a parlarne, in termini di concorrenza ai trattamenti speciali riservati ai pensionati in altri Paesi europei, fu il presidente dell’Inps Tito Boeri che un paio di anni fa pensò a un ‘aiutino’ per spingere ancora di più i pensionati del nord Europa, che già adesso scelgono il Belpaese per le vacanze, a trasferirsi stabilmente in Italia. Non solo pizza, sole e mandolino, cioè clima, arte, cucina, ma anche meno tasse.
Concretamente il primo passo lo aveva fatto il Governo Gentiloni, con le ZES (Zone Economiche Speciali), della Napoli-Salerno e dell’area portuale di Reggio Calabria. Due aree speciali, create per favorire lo sviluppo industriale con crediti di imposta per gli investimenti fino a 50 milioni di euro, destinate a sostenere lo sviluppo industriale. Ma oggi con la fame di soldi che ha la maggioranza giallo-verde, i pensionati stranieri diventano altrettanto interessanti.
L’Italia dunque potrebbe inserirsi nel solco di altre nazioni che da tempo agevolano il trasferimento dei pensionati dall’estero. Tra questi il Portogallo è la destinazione più nota e sono parecchie migliaia gli italiani che vi si sono stabiliti. Qui il pensionato, ma non l’ex dipendente pubblico, una volta cambiata la residenza ottiene dieci anni di detassazione, praticamente un aumento dell’assegno che può arrivare al 50%!
Analogo vantaggio fiscale anche in Bulgaria, mentre l’imposizione fiscale è solo più leggera nelle Canarie dove il fisco spagnolo assicura un taglio delle tasse che fa crescere la pensione del 15%. Analoga generosità nella Repubblica Ceca, in quella Slovacca e in Albania. Senza considerare che in tutti questi Paesi il costo della vita è di molto più basso e dunque al risparmio fiscale si somma quello per la casa, le utenze varie, l’alimentazione ecc…
C’è un ‘ma’ di cui però occorre tener conto. Gli anziani hanno bisogno di più assistenza medica, a volte di cure specialistiche che in Italia, nonostante tutto, restano gratuite e di ottimo livello. Il risparmio può rivelarsi dunque non così conveniente come appare a prima vista.
Comunque noi abbiamo il ministro Matteo Salvini, un tipo che una ne fa e cento ne pensa, o meglio le twitta. La cosiddetta emergenza immigrati si è un po’ consumata e allora il leader della Lega ha pensato bene di strizzare l’occhio ai pensionati italiani. È una bella platea di 16 milioni di persone, a cui ha fatto intendere che si potrebbe replicare quanto avviene nelle due già esistenti no-tax area, proponendo qualcosa di analogo: una sorta di oasi fiscale per pensionati.
Come ormai ben sappiamo, tra il dire e il fare ce ne corre e Salvini è un vero campione nella conquista di click e like, ovvero dell’aria fritta, e di tutto quanto detto potrebbe non restare nulla anche perché un conto è il vantaggio di attirare pensionati dall’estero che si portano appresso un buon reddito, un altro spostare quelli italiani da una regione ad un’altra.
La Calabria o la Sardegna, per esempio, potrebbero trarre localmente un po’ di beneficio dal trasformarsi in una sorta di California all’italiana, ma ci sarebbero costi aggiuntivi per il fisco e soprattutto lo Stato dovrebbe intervenire sui servizi sociali, in particolare sulla sanità, rafforzandoli anche perché, notoriamente oggi, dal Sud la gente scappa per farsi curare altrove e non solo perché non c’è lavoro.
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