Sapienza, San Lorenzo era un quartiere con una sua storia e un’identità precisa. Nacque a cavallo tra 800 e 900 sull’onda dell’esplosione edilizia di Roma, con le prime povere case costruite a ridosso delle mura, vicino all’attuale Porta Tiburtina che allora si chiamava Porta San Lorenzo.
All’inizio, andarono a viverci soprattutto i muratori impegnati nella costruzione dei palazzi che stavano nascendo come funghi nei quartieri della nuova borghesia trasferitasi nella neonata capitale del Regno d’Italia.
San Lorenzo divenne così un quartiere popolare. Le sue abitazioni costruite in fretta e furia ospitarono manovali, fabbri, artigiani e, con il passare degli anni, ferrovieri della vicina Stazione Termini e infermieri dell’altrettanto vicino Policlinico. Vista la sua conformazione sociale, diventò un quartiere proletario orientato politicamente a sinistra.
Non a caso, fu l’unico, in tutta la città, a cercare di fermare la Marcia su Roma. Nell’autunno del 1922 i gli “Arditi del popolo” impugnarono le armi contro i fascisti. La popolazione era riuscita perfino a bloccare l’ingresso degli squadristi durante la Marcia Roma. Ma fu un’opposizione che pagarono a caro prezzo con una spedizione punitiva guidata da Italo Balbo che provocò 13 morti tra gli abitanti.
Intanto, insieme alle costruzioni civili, a San Lorenzo nascevano le fabbriche. A quelle storiche sorte agli inizi del XX secolo come il pastificio Cecere, la vetreria Sciarra, la birreria Wuhrer (ex Paszkowsky) si aggiunsero tante piccole attività artigianali che finirono per trasformare la zona in un centro operaio e per consolidarne la fama di “quartiere rosso”.
Negli anni del dopoguerra, nonostante le gravissime ferite del bombardamento americano del 19 luglio 1943, continua ad essere un quartiere popolare, orgoglioso e antiborghese. Non a caso assume un ruolo chiave negli anni delle contestazioni studentesche, quando vari gruppi extraparlamentari trovano qui una sede. Basta leggere uno dei volantini distribuiti all’epoca dai gruppi che dovevano portare la scritta “ciclostilato in proprio” e l’indirizzo, che rinviava puntualmente a una strada di San Lorenzo. Via dei Marrucini per il Movimento Studentesco, via dei Piceni per Lotta Continua, via dei Volsci per Potere Operaio.
Alla metà degli anni Settanta qui trovarono poi sede gli eredi del radicalismo politico nato dalla rottura con il Pci e con i sindacati confederali. Nacquero così i “comitati autonomi operai”, i cosiddetti “Volsci” (con l’appendice di Radio Onda Rossa) che rappresentarono la parte più importante dell’Autonomia e raggiunsero notorietà nazionale a febbraio 1977 in seguito alla storica “cacciata” dall’università di Luciano Lama.
Il comizio dell’allora segretario Cgil dentro La Sapienza fu voluto dai vertici del Pci e da una parte della Cgil. Fu motivato con «la necessità di ripristinare le libertà sindacali e politiche all’interno dell’ateneo» ma il vero intento era quello di allontanare i simpatizzanti di Autonomia isolandoli dagli altri studenti. Lama fu costretto ad abbandonare il palco e riuscì a uscire indenne dall’ateneo, protetto dal servizio d’ordine della CGIL, mentre gli studenti scandivano: “Via, via la nuova polizia!”.
Fine – I precedenti articoli sono stati pubblicati il 15 e il 21 agosto