Accuse feroci, insulti, offese. Luigi Di Maio teme brutte sorprese elettorali alle europee di maggio. Così spara a cannonate contro il “sistema”, i “vecchi partiti”, i “tecnocrati”, l'”establishment” italiano ed europeo. In particolare mira contro il malconcio Pd. Matteo Renzi, ex segretario democratico, è «un assassino politico» perché nel 2015 fece approvate il Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro. Maurizio Martina, attuale segretario del Pd, è tra «gli assassini politici dei diritti degli italiani» dopo la difesa di Renzi e l’attacco alla politica fatta con “odio” e “rancore”.
Il capo politico del M5S ha abbandonato i toni pacati e rassicuranti della campagna elettorale delle elezioni politiche del 4 marzo, vinte con un trionfale 32% dei voti. Da quando è diventato vice presidente del Consiglio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico ha imboccato sempre di più la strada delle accuse infuocate ad avversari politici vicini e lontani. Durante la campagna elettorale per le politiche incontrava diplomatici europei e americani, imprenditori e lavoratori assicurando: «Il M5S sarà garante della stabilità contro il caos». Adesso ha di nuovo imboccato la strada della rivoluzione populista, la vecchia strada del sanguinoso insulto, dell’offesa lacerante, cavalli di battaglia del travolgente successo di Beppe Grillo. Manca l’ironia del grande comico genovese, fondatore e guru dei cinquestelle, ideatore della politica del “vaffa..”, ma la dirompente impostazione populista è analoga.
Però le differenze sono molte: Grillo si scagliava a testa bassa contro un Pd potente, al governo, guidato prima da Pierluigi Bersani e poi da Renzi. Di Maio se la prende con un Pd in stato comatoso, sconfitto, lacerato,in cerca di un nuovo segretario, incapace perfino di realizzare una efficace opposizione all’esecutivo penta-leghista.
Il nervosismo del ministro cinquestelle, comunque, si può spiegare: l’agognata conquista del governo invece di accrescere i consensi li fa perdere al partito fondato da Grillo. Di Maio teme un bagno elettorale alle europee così picchia duro contro il Pd in disfacimento e contro Bruxelles, per cercare di rispondere con la radicalizzazione alla prorompente avanzata leghista e alle critiche interne (per ora sommerse) tra i grillini in stato di allarme.
Di qui l’audace “Manovra del Popolo” con il deficit pubblico alzato al 2,4% del Pil per tre anni per cancellare “la povertà”. Il ministro del Lavoro e dello Sviluppo vuole mantenere nel 2019 le costose promesse elettorali introducendo, almeno in parte, il reddito e la pensione di cittadinanza, la modifica della legge Fornero sulle pensioni, il risarcimento dei risparmiatori colpiti dal crac delle banche.
I mercati non l’hanno presa bene, lo spread si è impennato fino ad oltre 300 punti (dai 120-130 del governo Gentiloni) facendo aumentare pericolosamente gli interessi sui titoli del debito pubblico italiano. Si è sfiorata la tragedia. Solo le mediazione del ministro dell’Economia, il tecnico Giovanni Tria, con la soluzione di ridurre il deficit nel 2020 e nel 2021, ha riportato un po’ di calma e lo spread è ridisceso sotto quota 300.
Di Maio teme il collasso finanziario e cerca di scaricare le responsabilità sugli altri. Ha accusato la Commissione europea di giocare «a fare terrorismo sui mercati» criticando la manovra economica. Ha accusato i giornali, il Pd e Forza Italia perché «creano terrorismo mediatico» sperando «in un altro colpo di stato finanziario». Ma se lo spread metterà a rischio la credibilità economica dell’Italia sarà difficile uscire dalle contraddizioni. In testa una: l’uomo che assicurava di voler garantire la stabilità politica ed economica causerebbe una perniciosa instabilità.
Il nuovo attivismo bellicoso di Di Maio, però, non riesce ad invertire le tendenze elettorali: secondo gli ultimi sondaggi la Lega sarebbe sempre il primo partito italiano con il 32% dei voti (dal 17% delle politiche) mentre il M5S stazionerebbe al 29% (dal 32%).
L’irritazione e i contrasti con il collega di governo Matteo Salvini, in maniera prudente, ogni tanto emergono. Cautamente si è lamentato: «Quando non siamo d’accordo discutiamo un po’ tra di noi, visto che l’opposizione non è granché». Di Maio teme la concorrenza leghista e batte i pugni sul tavolo per recuperare i consensi drenati da Salvini in favore del Carroccio. Interviste e dichiarazioni del giovane ministro del Lavoro piovono su giornali, televisioni, radio, internet. È già campagna elettorale permanente per le elezioni europee. L’avversario da tenere d’occhio non è tanto il Pd di Martina o Forza Italia di Berlusconi, due forze in caduta libera, ma il Carroccio del collega di governo Salvini in forte ascesa. Di Maio sembra temere l’assassinio del M5S. Potrebbero arrivare perfino le elezioni politiche anticipate.