“Fruttata, doppio malto, 12 gradi”. Maria Teresa Meo parla con passione, vende e ama le birre. Il suo regno è la birreria Lapsutinna (“Lassù in quel posto” in dialetto abbruzzese). È un locale aperto nel lontano 1983 proprio davanti al Liceo Ginnasio Statale Publio Cornelio Tacito, in via Giordano Bruno, una strada del quartiere Prati a Roma a due passi da San Pietro. Lei è il comandante, dirige la squadra famigliare al lavoro nel ristorante: decide la strategia e gli acquisti, illustra ai clienti la bontà di birre e piatti. Serve ai tavoli aiutata dal fratello Massimo e da una dipendente. In cucina ci sono il marito Claudio e la figlia Ambra.
Le birre artigianali “tirano” da diversi anni. Maria Teresa ha il pallino delle birre artigianali belghe: «Sono le migliori». Il locale è tappezzato da bottiglie e da marchi di birre. Vanta 250 birre in bottiglia e 15 alla spina prodotte da 35 case diverse. Va lei stessa a comprarle in Belgio. Non è per niente semplice soprattutto se, come fa lei, va ad acquistare le birre artigianali dei frati trappisti: quelle con il marchio di garanzia sono solo 6 in Belgio e 1 in Olanda. È una impresa molto complicata: «Sul sito internet bisogna vedere quando viene messa in vendita la produzione, occorre prenotare le bottiglie, comunicare il proprio nome e il numero di targa dell’automobile. Quando c’è l’ok all’acquisto si salta in macchina e si parte attraversando mezza Europa. Una bottiglia può costare 18 euro».
La produzione è molto ridotta e di alta qualità. È rifermentata tre volte in fusti e in bottiglie “con lievito vivo”. La birra più buona? Non ci pensa un attimo e spara due nomi: «La Val Dieu Gran Cru e la Val Dieu Triple. La prima è nera con sapori di frutta e fiori, la seconda è chiara con profumo di miele di acacia». È una lavorazione complessa e difficile che risale al Medioevo, al 1200. Se si va d’estate è anche difficile perfino trovare l’abbazia di Val-Dieu. Racconta: «L’abbazia è completamente circondata da campi coltivati a mais, si vedono solo distese di pannocchie e non la costruzione. I frati trappisti badano molto alla qualità e reinvestono gli utili per il loro sostentamento o in opere di carità o in attrezzature».
Queste birre appena assaggiate sono come una droga, conquistano il palato. Scendono piacevolmente e velocemente nella gola. Piacciono molto ai clienti: «Sì, piacciono molto, ma occorre fare attenzione perché possono dare alla testa. Bisogna essere attenti alla quantità e alla gradazione, soprattutto se non si è abituati a bere. Una sera sono venuti marito e moglie, due professionisti nostri clienti. La moglie ha cominciato a bere, è rimasta entusiasta ed ha esagerato. Io l’avevo anche avvertita di fare attenzione e di evitare troppi bicchieri. Non mi ha sentita. Si è ubriacata ed è uscita portata a spalla dal marito. Non sono più tornati! Si sono vergognati e abbiamo perso i clienti!».
Ma oltre alle birre belghe, la Lapsutinna ha nel menù anche poche birre artigianali italiane. Tra le 12 Birre Trappiste certificate ce ne è una anche di Roma: la Trappista Italiana delle Tre Fontane. Un seducente sapore all’eucalipto per una produzione di appena 1.000 ettolitri l’anno.
Poi, nel cuore di Maria Teresa, ci sono le birre marchigiane: «Io sono delle Marche e sono affezionata alla mia terra. Purtroppo c’è stato il terremoto che ha provocato danni gravissimi. Mio padre ha lasciato Roma ed è tornato a vivere nelle Marche, in mezzo al verde. Appena posso lo raggiungo! Ma, oltre che per solidarietà, vendo anche le birre marchigiane perché sono ottime». Fa un esempio: «Mi ha conquistata il Birrificio dei Castelli di Arcevia. Sono stata ad Arcevia: è un paesino sperduto su una montagna, difficilissimo da raggiungere. Dei bravi ragazzi hanno cominciato a produrre della birra in casa ed hanno sfondato, la loro bravura è stata premiata con vari riconoscimenti ed attestati. Vendono dell’ottima birra con nomi latini: Extrema ratio, Calix Niger, Brevis Furor, Italicum».
Davanti al nome Italicum sorrido. È il nome della legge elettorale per le elezioni politiche proposta e fatta approvare dal Parlamento da Matteo Renzi quando era presidente del Consiglio e segretario del Pd.
Maria Teresa è attenta alla qualità e alle tendenze del mercato. Da poche settimane ha dato il via alla Apericena, una cascata di stuzzichini di piatti cucinati, di salumi affettati e di formaggi con un costo di 10 euro. Più che un aperitivo si tratta di una cena. Lei dice: «Ormai tutti fanno l’Happy hour, va di moda. Così ho lanciato l’Apericena alla Lapsutinna. Speriamo che funzioni!».
R.Ru.