Anche per la sanità vale l’impostazione più generale del documento del congresso e vale sul piano nazionale e a livello delle singole regioni: «Occorre cambiare radicalmente il quadro delle politiche economiche e dotarsi di due strumenti: un piano di investimenti pubblici – che metta a sistema tutte le risorse disponibili e che sia affiancato dal ruolo della buona finanza e del sistema bancario a servizio del Paese – e il governo e la selezione delle politiche, affermando il ruolo dello Stato protagonista e attore dei cambiamenti».
Un piano pluriennale di forte investimento in rinnovamento tecnologico e in edilizia sanitaria e contro la cronicità e poi rilancio del finanziamento pubblico in linea con la spesa media pro capite dei paesi dell’Europa occidentale.
Il documento congressuale a tale proposito segnala alle assemblee congressuali che: «Nel nostro Paese esiste una vera e propria emergenza sanità … dettata anche dalle politiche di riduzione dei finanziamenti intervenute in questi anni, che impediscono l’effettiva uguaglianza nell’accesso alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione».
Obiettivo prioritario è «ripristinare la garanzia del diritto universale alla salute, incrementando il finanziamento al Fondo sanitario nazionale, garantendo in ogni Regione una dotazione di servizi di prevenzione, ospedalieri e territoriali, adeguata alle esigenze della popolazione, anche per contrastare i fenomeni della mobilità passiva e delle liste d’attesa».
Il congresso della CGIL, atteso che l’esigibilità delle prestazioni sanitarie da anni, nei fatti, non viene pienamente garantita per tutti nel riaffermare la natura del sistema sanitario, dovrebbe essere il promotore di una iniziativa collettiva più ampia che, in primo luogo, impegni tutte le sue organizzazioni e tutti suoi iscritti a concretizzare una inversione della attuale tendenza senza freni alla trasformazione del SSN in un Sistema nel quale alla componente privata si vuole far assumere il ruolo di pilastro primario dell’offerta di servizi sanitari. L’accesso ai servizi sanitari pubblici e a quelli privati accreditati (che costituiscono il sistema sanitario nazionale) non avviene, quando è necessario, per criticità organizzative irrisolte anche laddove, come nel Lazio, ci sia stato risanamento finanziario.
La mancanza di reddito peraltro, neanche permette ormai a milioni di persone di rivolgersi, in alternativa, alle strutture private verso le quali sono sospinte a causa dei tempi di attesa inaccettabili delle liste di attesa.
Oggi si può morire di Servizio Sanitario inefficace. Tutto questo non può più essere accettato. Una indagine dell’Ires Morosini di Torino, mettendo in relazione spesa corrente per la sanità impegnata per il 2015 e capacità di presa in carico dei cittadini relativamente ai servizi sanitari e sociosanitari, mostra che l’offerta sanitaria della Regione Lazio, a bilancio quasi risanato, è in ritardo rispetto ad altre regioni, con risultati poco soddisfacenti.
Il documento congressuale osserva parlando del rilancio del SSN: «Tutto ciò attraverso una riorganizzazione dei servizi, da realizzare…. senza sottostare a logiche legate ad interessi economici, corporativi o localistici».
Vale anche per il Lazio con il cui rinnovato Consiglio regionale e con la cui nuova giunta il sindacato dovrebbe aprire una stagione di contrattazione unitaria, trasparente e nell’interesse generale per il recupero di efficacia del Servizio sanitario regionale pubblico.
Il documento congressuale della CGIL sollecita: «Occorre superare inappropriatezze, diseconomie e fenomeni di illegalità e investire maggiormente, anche attraverso un apposito Piano nazionale, nella prevenzione e nella rete dei servizi socio-sanitari territoriali, ad iniziare dalle Case della salute, dalle strutture residenziali e semi-residenziali per i non autosufficienti, dall’assistenza domiciliare integrata».
Il sindacato è in grado di indicare dove occorre mettere le mani e con una logica confederale che va sempre agita. La Regione seguita a essere resiliente mantenendo la prassi di prescindere dal sindacato nel prendere le sue decisioni (l’ultima la non certo marginale DGR 149 del 2 marzo 2018. “Disposizioni per l’integrazione sociosanitaria”) confermandosi come una controparte che seguita a prescindere da veri confronti con le OO.SS.
Osserva il documento congressuale: «È necessario inoltre investire sulle nuove tecnologie e sul personale, attraverso un Piano straordinario per la buona e piena occupazione, che rafforzi gli organici e superi i diffusi fenomeni di precarietà».
Lo SPI CGIL di Roma e del Lazio in una recente relazione del Segretario generale Rocchi, indica su quali basi la Regione debba ripartire per il SSR, prioritariamente confrontandosi con le OO.SS.
– l’allocazione delle risorse finanziarie necessarie a garantire effettiva efficacia al servizio sanitario pubblico e di investire quanto necessario a far riprendere competitività a ASL e AO del Lazio
– un piano programmato da contrattare con le OO.SS, di assunzioni con pubblici concorsi in asl e ao, la reinternalizzazione di attività sanitarie affidate al privato, l’adeguamento del personale necessario per i servizi territoriali (con assunzioni e mobilità incentivata).
A ragione il documento congressuale indica la strada «di riportare il tempo indeterminato quale forma comune di rapporto di lavoro e contrastando le forme di lavoro più precarie» e che è «necessario inoltre investire sulle nuove tecnologie e sul personale, attraverso un Piano straordinario per la buona e piena occupazione, che rafforzi gli organici, superi i diffusi fenomeni di precarietà».
In questo quadro di rilancio del servizio sanitario pubblico del Lazio va reso noto e ridefinito al contempo l’ambito del privato accreditato, in specie quello della specialistica ambulatoriale esterna cresciuto in assenza di una programmazione sanitaria regionale con allocazioni territoriali a vario titolo motivate.
Va anticipata al 2018 la ridiscussione dei criteri di accreditamento risalenti al 2005 come la delibera che ha stabilito l’equiparazione tariffaria fra pubblico e privato per la specialistica ambulatoriale esterna. È necessario inoltre modificare, come richiede il documento congressuale, l’attuale sistema dei ticket, rendendolo equo per tutti e compatibile con l’accesso alle prestazioni.
La Regione Lazio dovrebbe promuovere e svolgere entro il 2019 una conferenza regionale per il rilancio della sanità pubblica per consentire la partecipazione ad una discussione trasparente sulle criticità da affrontare e per ascoltare quanto al riguardo hanno da dire cittadini, rappresentanze sociali e gli operatori del SSR in specie.
Osserva il documento congressuale: «Le trasformazioni sociali, a partire dalla precarizzazione del lavoro e dall’aumento della popolazione anziana, sono profonde e mettono in discussione equilibri consolidati e legami solidaristici».
È evidente che la rivendicazione universalistica per il servizio sanitario e per quello incardinato nella L 328/2000 debba tener conto dell’apporto solidaristico, del capitale umano territoriale così diffuso anche nella nostra Regione.
Il tutto nella chiarezza e non nella sostitutività di no profit, profit e imprese sociali mentre i servizi pubblici strutturalmente definanziati accrescono le loro difficoltà.
Nel documento congressuale si afferma che «(occorre) ricostruire nel territorio una rete di welfare solidaristico, incardinato su un governo pubblico del sistema di diritti, tutele e protezione, che superi i divari territoriali e che, attraverso la partecipazione dei diversi attori (istituzioni, organizzazioni sindacali, mondo del volontariato, del no profit e delle imprese), sappia tenere assieme le politiche di welfare con quelle del lavoro e dello sviluppo locale».
Vale anche per la Regione Lazio.
Tuttavia, ad oggi, si tratta di un obiettivo che nella regione Lazio è lungi da essere financo elaborato come ipotesi di modello e che necessita in ogni caso di una specificazione di quale relazione vi sia fra “governo pubblico”, offerta pubblica e privata di servizi sociali e sistemi di finanziamento degli stessi.
È evidente che anche in CGIL si cerca di dare una risposta ai limiti dell’offerta pubblica guardando oltre il perimetro strettamente pubblico, indirizzando l’attenzione verso il mercato e la società.
Come questi si innestino sul welfare che conosciamo meglio, come questo possa avvenire in una realtà quale quella del Lazio che vede un “sociale” largamente assistito e organico al mondo della politica, è un tema che comporta decisioni trasparenti sulle forme di intreccio, collaborazione e sinergia fra questi due ambiti e il settore pubblico.
Dal punto di vista funzionale vengono avanti da altre Regioni con esperienze e pratiche consolidate nuovi modelli organizzativi, gestionali, finanziari che nel Lazio non sono neanche state sperimentate dal pubblico cosi che l’auspicio del documento congressuale che il ruolo del “pubblico” sia «affiancato dal ruolo della buona finanza e del sistema bancario» può assurgere a valore ma in altre Regioni.
È evidente che anche a fronte di una situazione fortemente condizionata dai cambiamenti avvenuti negli anni, a fronte della scomparsa di referenti che condividano la cultura welfaristica che il mondo del lavoro ha voluto, ottenuto e in qualche modo difeso, alla luce di diverse culture politiche che segneranno le scelte pubbliche di moltissime amministrazioni, la CGIL a partire dal dibattito congressuale deve recuperare una capacità di lettura condivisa delle priorità nelle scelte e di condivisione delle modalità di perseguimento rafforzando come si legge nel documento congressuale «la contrattazione sociale territoriale, coinvolgendo lavoratori e lavoratrici e pensionati e pensionate, attraverso un lavoro integrato dell’insieme dell’Organizzazione, confederazione e categorie e sistema della tutela individuale».
Il primo articolo è stato pubblicato il 20 novembre – Fine