Dopo la tempesta, scoppia improvvisamente il sereno tra Francia e Italia anche se non scompare lo spettro Grecia. La tempesta, e che tempesta, per ora sembra passata. In particolare sembra finita la guerra d’insulti tra Pierre Moscovici, francese, commissario europeo agli Affari monetari, ex ministro socialista delle Finanze all’epoca del presidente Hollande e Matteo Salvini, segretario della Lega, vice presidente del Consiglio e ministro dell’Interno.
Moscovici ha cambiato registro: è impegnato per evitare una procedura d’infrazione all’Italia per la violazione delle regole alla base dell’euro. Riconosce all’esecutivo grillo-leghista «una attitudine costruttiva» e che gli ultimi incontri «sono stati positivi». Porte aperte, dunque, a un compromesso su come cambiare la manovra economica italiana bocciata dalla commissione europea per l’eccessivo deficit pubblico.
Salvini ha immediatamente raccolto la palla del dialogo per raggiungere una mediazione: «Faremo di tutto perché la procedura di infrazione non ci sia», la manovra «uscirà dal Parlamento diversa da come è entrata». Il segretario della Lega, grande azionista del governo populista assieme al cinquestelle Luigi Di Maio, si mostra disponibile a ridurre “i numeretti” dei conti pubblici 2019: «Non è una questione di decimali». Il riferimento è alla possibilità di diminuire il deficit fissato al 2,4% del Pil, una cifra bocciata da Bruxelles perché ritenuta troppo alta. E lo spread il 26 novembre è sceso finalmente sotto quota 300 punti.
Sembravamo a un passo da lo spettro Grecia, il paese devastato da una spaventosa crisi dopo la bocciatura dei suoi conti da parte della Ue. I toni sono dialoganti, costruttivi, da trattativa ad oltranza per raggiungere una mediazione. Niente a che vedere con gli scontri e perfino gli insulti di appena qualche giorno fa. Moscovici il 22 novembre, dopo la bocciatura Ue della legge di Bilancio, avvertiva duro: ci può essere un negoziato per «un accordo sulle regole» ma «non può esserci una trattativa da mercanti di tappeti». Salvini replicava bellicoso: «Moscovici continua ad insultare l’Italia. Ora basta, la pazienza è finita».
Lo scontro coinvolgeva perfino il Natale. Il segretario leghista ironizzava sulla lettera della Ue di critica all’Italia: «Aspetto quella di Babbo Natale». Ribadiva: «La manovra non si cambia». E minacciava: «Gliela mandiamo noi la letterina all’Europa, dicendo che ci ha rotto le scatole». Il commissario europeo ribatteva stizzito: «Non sono Babbo Natale».
Lo scontro ai primi di settembre era stato ancora più furente. L’ex ministro delle Finanze francese, senza nominarlo, fece partire un attacco feroce contro Salvini: «C’è un clima che assomiglia molto agli anni ’30. Certo, non dobbiamo esagerare, chiaramente non c’è Hitler, forse dei piccoli Mussolini…». Il ministro dell’Interno replicò: «Si sciacqui la bocca prima di insultare l’Italia, gli italiani e il loro legittimo governo». La tensione altissima faceva ricomparire lo spettro Grecia.
Moscovici, invece, adesso a sorpresa si sta spendendo per arrivare ad un compromesso con l’Italia. Scavando vengono fuori i motivi: la Francia è scossa da violenti scontri di piazza, i suoi conti pubblici e la sua economia sono in affanno, le banche di Parigi potrebbero esplodere se una crisi dell’Italia innescasse anche quella dell’euro. Macron ha avuto pesanti scontri con Salvini, ergendosi a campione degli europeisti contro i populisti euroscettici della Ue. Ora sta riflettendo sul futuro: «Dobbiamo dar vita a un nuovo contratto sociale e ricostruire la fiducia nelle nostre società».
Anche Angela Merkel è mobilitata per evitare una rottura tra Ue e Italia: «Spero in un buon esito dei negoziati». La cancelliera tedesca ha inviato in missione nel nostro paese il suo vice e ministro delle Finanze, il socialdemocratico Olaf Scholz, con l’incarico di facilitare una mediazione.
Tuttavia tutto resta appeso a un filo. Salvini ha ribadito il 29 novembre a Porta a Porta, Rai1, la possibilità di tagliare il deficit dal 2,4% al 2,2%: «Mica è scritto nei Comandamenti della Bibbia che bisogna fare il 2,4%». Ma potrebbe non bastare. Il vice presidente della commissione europea, Valdis Dombrovskis, è stato perentorio con La Stampa: una riduzione del deficit dal 2,4% al 2,2% «non è sufficiente». I vertici si susseguono a Palazzo Chigi tra Conte, Salvini, Di Maio, Tria e per ora la manovra economica non è stata cambiata. Sembra che Luigi Di Maio non voglia rinunciare alla trincea del 2,4%. Riappare il pericolo della rottura con la Ue. L’Italia rischia di finire nel tritacarne dello spread a 400-500 punti, può ricomparire lo spettro Grecia.