Una mina dopo l’altra. Rischia di svanire la “conquista storica” del governo populista e il sogno, tenuto nel cassetto, del Quirinale. M5S e Lega potrebbero eleggere nel 2022 il successore di Sergio Mattarella con i numeri dell’attuale Parlamento, ma dovrebbero quasi completare la legislatura, con un mandato fino al 2023.
Sono tante le mine, soprattutto le “mine interne”, in grado di far saltare il governo Conte-Di Maio-Salvini, il primo esecutivo populista italiano e il primo dell’Europa occidentale. I contrasti tra il M5S e la Lega sono continui, a ripetizione. In testa c’è il dissenso dirompente sulla Tav (la linea dell’alta velocità ferroviaria Torino-Lione). Matteo Salvini si è pronunciato con un netto sì: «L’opera va finita». Luigi Di Maio ha immediatamente replicato con un perentorio no: «Finché ci sarà il Movimento al governo, la Tav non si farà».
La lista dei contrasti è lunga: la richiesta di autorizzazione a procedere contro Salvini, la scelta tra Maduro e Guaidò in Venezuela, l’autonomia regionale differenziata, l’indipendenza della Banca d’Italia, le trivelle petrolifere nel mare Adriatico, i termovalorizzatori per eliminare i rifiuti urbani, l’ecotassa sulle automobili, la costruzione delle grandi opere pubbliche autostradali. Salvini, alfiere dell’identità imprenditoriale leghista, è per “fare”. Di Maio, interprete dello spirito ambientalista grillino, è per “vietare”.
Di Maio è in forte difficoltà a fronteggiare il crescente scontento dell’ala ortodossa e giustizialista grillina (Di Battista e Fico operano continue spallate). Otto mesi di governo hanno logorato il Movimento 5 stelle mentre la Lega spopola. Il centro-destra a guida Salvini ha stravinto nelle regionali in Abruzzo mentre il M5S ha dimezzato i voti. Può essere un antipasto delle elezioni europee: un sondaggio di Ipsos pubblicato dal ‘Corriere della Sera’ conferma il “sorpasso” dei leghisti rispetto ai cinquestelle: 34% dei voti contro il 25%. L’imputato del crollo è Di Maio.
Così il capo politico del M5S, vice presidente del Consiglio, ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico sta indurendo i toni e le posizioni verso Salvini, il compagno-antagonista al governo con lui. Di Maio sta cercando di recuperare terreno in vista delle elezioni europee di maggio ed è meno attento a cercare di trovare una mediazione con Salvini, come è avvenuto nei mesi scorsi su varie questioni cruciali: immigrati, sicurezza, reddito di cittadinanza, livello del deficit pubblico, condono fiscale.
La caduta del governo, però, sarebbe un brutto colpo per la credibilità di tutti e due i vice presidenti del Consiglio. Di qui la necessità di trovare “la quadra”: quella di un governo di legislatura. Qualche segnale c’è, come il disegno di legge costituzionale approvato al Senato per ridurre il numero dei parlamentari. Con questo Parlamento Salvini e Di Maio possono eleggere anche il presidente della Repubblica. Nella Seconda Repubblica il Quirinale, l’importantissimo crocevia della politica italiana, è sempre stato un presidio del centro-sinistra.
Di Maio e Salvini hanno avuto una prova della centralità del Quirinale dopo le elezioni politiche del 2018. Nonostante fossero i vincitori, Sergio Mattarella ha affidato l’incarico di presidente del Consiglio a Giuseppe Conte e “il governo del cambiamento” ha potuto faticosamente decollare solo accantonando la candidatura a ministro dell’Economia di Paolo Savona, euroscettico e fino a poco tempo prima fautore dell’uscita dell’Italia dall’euro. Ora il presidente della Repubblica fa di tutto per difendere l’amicizia con la Francia e l’autonomia della Banca d’Italia dalle spallate soprattutto di Di Maio. Ma per tentare di eleggere il successore di Mattarella, l’esecutivo M5S-Lega dovrà ricalibrare le forze e i programmi Il futuro capo dello Stato potrebbe avere i tratti di Giuseppe Conte, apprezzato presidente del Consiglio da alcuni visto come nuovo capo politico dei cinquestella.
All’inizio Di Maio e Salvini annunciarono la volontà di governare “per cinque anni” per cambiare l’Italia, combattere le élite, abbattere privilegi. Adesso i molti ostacoli (la recessione economica in testa) fanno apparire come molto difficile ma non impossibile questo traguardo. Salvini ha rassicurato Di Maio: la Lega ha confermato l’alleanza di centro-destra con Silvio Berlusconi solo per le elezioni amministrative ma continuerà a collaborare con i cinquestelle nel governo nazionale. Niente crisi di governo dunque, sotto la spinta della vittoria in Abruzzo e dei sondaggi favorevoli per le europee: «Non penso che il Movimento abbia alcunché da temere». Avanti insieme, salvo imprevisti.