La trattativa sul latte sardo si presta a una serie di considerazioni che nel linguaggio politico-sindacale d’una volta sarebbero state definite “di metodo e di merito”. Il metodo è la convocazione delle parti (i rappresentanti dei produttori di latte e quelli delle aziende casearie) fatta da un ministro dell’Interno. Il merito investe la proposta fatta dal governo.
Fino ad ora nessuno ha cercato di spiegare a quale titolo, per chiudere questa vertenza e mettere fine alle proteste dei pastori, si sia mosso Matteo Salvini, che, fino a prova contraria, non è né il capo del governo, né il responsabile dell’Agricoltura.
Incredibilmente nessuno si è scandalizzato per l’uso che il leader della Lega fa del suo ruolo di governo. Un uso strumentale a fini di propaganda elettorale. Questa volta in vista del voto regionale sardo del 24 febbraio, Salvini punta a fare il bis dell’Abruzzo dove la Lega ha stravinto e i Cinquestelle hanno dimezzato i voti.
Altrettanto incredibile è che a Palazzo Chigi non abbiano nemmeno cercato di fermare lo straripante ministro dell’Interno che si comportava da presidente del Consiglio. A dimostrazione d’un fatto ormai evidente: Salvini ha preso in ostaggio Di Maio. E la dimostrazione della pantomina della consultazione online inscenata dal M5S sull’autorizzazione a procedere del ministro dell’Interno per il caso della nave Diciotti ne è la conferma.
Ma torniamo alla protesta dei pastori. La vera posta in gioco è il voto del 24 febbraio 2019 in Sardegna, dove il 4 marzo scorso, alle politiche, il M5S superava il 40 per cento e la Lega non arrivava al 15. E dove adesso Salvini vuole a tutti i costi ribaltare la situazione e capovolgere i rapporti di forza. Insomma, sfruttare il vento in poppa delle recenti regionali in Abruzzo dove lui ha trionfato e Di Maio ha dimezzato i voti delle politiche.
Come in tutte le elezioni amministrative, anche in Sardegna la Lega si presenta con una lista di centrodestra insieme a Berlusconi e alla Meloni. Candidato alla presidenza è l’attuale segretario del partito sardo d’azione, Christian Solinas, che secondo i sondaggi si giocherà la presidenza con il candidato del centrosinistra unito guidato dal sindaco di Cagliari Zedda.
Per il M5S, che come al solito corre da solo, il problema a questo punto è quello di frenare un’altra sconfitta devastante in una Regione dove meno di un anno fa aveva superato il 40 per cento. Mentre adesso la clamorosa protesta dei pastori per il crollo del prezzo del latte rischia di far crollare anche i voti del movimento fondato da Grillo.
E così Salvini ha deciso di dare il colpo di grazia a Di Maio, cavalcando la protesta e convocando le parti in causa. Nella convinzione che chiudere la trattativa sul latte gli avrebbe garantito la vittoria in Sardegna, dove 5 anni fa la Lega non aveva nemmeno presentato la lista, dando il colpo di grazia a Di Maio in vista della finalissima di maggio, le elezioni europee.
Se questa è la strategia, si capisce anche perché alla fine la proposta di mediazione del governo (ed ecco il “merito”) sia stata interamente costruita sul calendario elettorale. Accordo di tre mesi e verifica a fine ottobre. E, se i rappresentanti dell’industria casearia hanno offerto solo 72 centesimi a litro, niente paura. Per arrivare all’euro chiesto dai pastori, sono stati messi sul piatto 45 milioni di fondi pubblici. Per comprare le forme di pecorino romano in modo da «far aumentare il prezzo del formaggio e, quindi, quello del latte». Una tesi che è tutta da dimostrare e un “aiuto di Stato” che l’Unione europea potrebbe impugnare. Intanto ai pastori è stata chiesta una tregua, ma c’è anche chi non ci sta e vuole continuare a versare il latte in strada. A Oristano lo hanno già fatto.