Pd e centro-sinistra, disfatto il primo e distrutto il secondo. Eppure tra le buie rovine del centro-sinistra compaiono a sorpresa due piccole luci: Zedda e Legnini. Forse febbraio porta fortuna alla coalizione progressista. Massimo Zedda domenica 24 febbraio ha battuto il M5S nelle elezioni regionali sarde e si è piazzato al secondo posto dopo il centro-destra vittorioso. Giovanni Legnini nel voto regionale in Abruzzo del 10 febbraio ha fatto altrettanto.
Un miracolo. Nelle elezioni politiche del 4 marzo il centro-sinistra si era schiantato al 23% dei voti e il Pd al 18%. Non solo. I sondaggi per il voto europeo del prossimo maggio danno cifre ancora più da brivido sia per la coalizione progressista sia per i democratici.
Invece Zedda è stato sì sconfitto dal centro-destra in Sardegna, vittorioso col 50% dei voti, ma onorevolmente: ha ottenuto 250.355 consensi, il 32,93% del totale. Ha recuperato moltissimi voti dal M5S, precipitato sotto il 10%, appena un quarto del 42% dei consensi incassati da Di Maio nelle elezioni politiche di un anno fa. Legnini, qualche settimana prima, ha conseguito un risultato analogo in Abruzzo: 195.394 voti, il 31,3%. Anche in questo caso è stato sconfitto dal centro-destra vittorioso col 48%, ma ha battuto sonoramente i cinquestelle che hanno dimezzato i voti delle politiche (20% rispetto al 40%).
Zedda non ha nascosto la sua soddisfazione: «Ci davano per inesistenti, invece ci siamo, eccome. Abbiamo battuto il Movimento 5 stelle, la prossima volta batteremo il centrodestra».
Sardegna e Abruzzo, i due miracoli hanno molti punti in comune. Zedda e Legnini sono due espressioni del “territorio”, della regione che si sono candidati a governare: il primo è sardo e il secondo abruzzese, non sono stati dei “paracadutati” dall’esterno. Entrambi sono personaggi capaci ed apprezzati: il primo è sindaco di Cagliari, un attore di teatro. Il secondo è l’ex vice presidente del Csm (Consiglio superiore della magistratura), è un avvocato. Tutti e due hanno puntato su una “alleanza larga” di centro-sinistra, le loro candidature a presidente della regione sono state sostenute da 8 liste elettorali diverse.
Così sia in Sardegna sia in Abruzzo è scesa in campo una coalizione di centro-sinistra competitiva, capace di mettere in difficoltà sia il centro-destra (che pure ha vinto) sia soprattutto i cinquestelle protagonisti di due cocenti disfatte (perdono consensi anche verso il centro-destra e l’astensione).
Il risultato è ancora più clamoroso perché a livello nazionale è ancora terra bruciata nel campo progressista: 1) il Partito democratico, la forza più importante del centro-sinistra, è ancora in pieno coma; 2) la sinistra è frammentata tra una miriade di partiti e partitini diversi. Il Pd, dopo l’uscita di Renzi è allo sbando, senza una guida e non c’è traccia di un progetto di “coalizione larga”. Il partito fondato da Veltroni da mesi è impegnato in un estenuante congresso. Zingaretti, Martina e Giachetti si contendono alle primarie Pd l’elezione a segretario in un clima di caos.
All’orizzonte le altre elezioni regionali del 2019 (Basilicata, Piemonte, Calabria, Emilia Romagna) appaiono sfide molto difficili. Stesso discorso vale per le europee di maggio, appuntamento ancora più importante nello scontro con il M5S e la Lega, le due forze populiste al governo. Ma nel buio più fitto ora sono comparse due piccole luci: Zedda e Legnini.