Passano i giorni, passano i mesi e l’Alitalia sta sempre là: gestita da una troika commissariale, in deficit permanente e senza una chiara prospettiva per il futuro. II piano industriale, tante volte evocato dal ministro Di Maio, e infine annunciato per il 31 marzo, verrà rinviato. Si dice a Pasqua, quando probabilmente ci sarà un altro slittamento.
La sola cosa che sembra certa è che fino alle europee di maggio non si muoverà nulla. Anche perché EasyJet e Delta, le due compagnie che dovrebbero entrare nell’azionariato, non hanno ancora chiarito che cosa intendono fare. O, meglio, gli inglesi (EasyJet) sembrano sempre più lontani perché la loro idea di “spezzatino” con il lungo raggio a Roma-Fiumicino e il medio raggio a Milano-Malpensa risulterebbe inaccettabile. Ma anche gli americani (Delta) non risultano proprio convintissimi delle soluzioni proposte da Roma, al punto che il numero uno della Delta, Ed Bastian, pochi giorni fa si è lasciato scappare: «Non abbiamo ancora deciso».
E così l’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato, adesso titolare del 30 per cento di Alitalia, ha preso un aereo ed è andato ad Atlanta per un faccia a faccia con Bastian e i vertici della Delta. Trattative da cui per il momento non filtrano indiscrezioni.
E i sindacati del trasporto, che hanno proclamato uno sciopero per il 25 marzo, si dicono sempre più preoccupati per la situazione dell’Alitalia dove «l’incertezza continua ad essere l’unico elemento caratterizzante».
Infatti, al punto in cui siamo, traballa perfino la composizione azionaria della nuova compagnia pronta al rilancio, dove la sola cosa sicura è il 30 per cento delle Ferrovie dello Stato. La cosa probabile è il 20 per cento della Delta e il resto tutto da definire. Dal 15 per cento che nel primo progetto doveva andare a EasyJet, alla quota del ministero dell’Economia, vista la freddezza del ministro Tria. E così si torna a parlare dell’ingresso di aziende pubbliche, dalla Fincantieri alle Poste, e che nel forno dell’ex compagnia nazionale di bandiera hanno già bruciato circa 150 milioni di euro.
In attesa di capire che cosa farà EasyJet e come andranno a finire le trattative con la Delta, Lufthansa se ne sta alla finestra, perché in caso di fallimento avrà la possibilità di prendersi Alitalia a prezzo di saldo. La posizione del colosso aereo tedesco è chiara. Prima delle ultime elezioni politiche italiane aveva presentato un’offerta d’acquisto che prevedeva taglio di costi, ristrutturazione e diminuzione di personale. Con l’arrivo del governo gialloverde, e con Di Maio vicepremier e ministro dello Sviluppo economico che escludeva tagli di personale, Lufthansa si è tirata fuori ma ha continuato e continua «a seguire la vicenda Alitalia senza alcun intervento diretto».
Nel frattempo cinque compagnie che fanno parte del gruppo Lufthansa (da Air Dolomiti a Edelweiss) continuano a intensificare il traffico da e per l’Italia. Al punto che quest’estate ogni 7 minuti un aereo del gruppo atterrerà in Italia. È il piano B del colosso tedesco per dare il colpo di grazia all’Alitalia e poi prendersela a prezzo di fallimento.