A volte ritornano. Nella cordata che sta per assumere il controllo di Alitalia, entrerebbe un membro della famiglia Toto, si parla insistentemente di Riccardo, figlio di Carlo, il costruttore concessionario della rete autostradale abruzzese, che fu uno dei protagonisti della cordata patriottica berlusconiana che rilevò la compagnia di bandiera nel 2008 e uscì di scena nel 2012, dopo aver bruciato il capitale grazie a una perdita di 600 mila euro al giorno.
Ma Carlo Toto nel business aereo era entrato qualche anno prima, con AirOne, compagnia aerea che nel 2008 fu assorbita dalla Nuova Alitalia gestita dai patrioti insieme a circa 600 milioni di debiti.
Adesso sarebbe la volta di Riccardo, che si trincera dietro un “no comment”, mentre il vicepremier Luigi Di Maio smentisce la notizia di un suo incontro con l’imprenditore. Per sapere come andrà a finire, bisognerà quindi aspettare il 30 aprile, il termine fissato dai commissari Alitalia per la proposta d’acquisto.
Comunque sia, quella del volo è per i Toto una passione di famiglia, perché anche Riccardo si è già cimentato in questo difficile business. Nel 2011 acquistò una piccola compagnia, la Livingston, che però smise di volare nel 2014 e l’anno dopo dichiarò fallimento.
Ma torniamo all’Alitalia, attualmente in amministrazione controllata e in attesa di un nuovo passaggio di mano. Insomma, di quel salvataggio che il “capo politico” di Cinquestelle annuncia da quando è arrivato al governo. Secondo Di Maio (che è anche ministro dello Sviluppo economico) doveva esserci la fila per acquistare la compagnia aerea nazionale che avrebbe tutti i requisiti per tornare “concorrenziale”. Ma così non è stato.
Per il momento c’è solo l’offerta sottoscritta dalle Ferrovie dello Stato per una quota del 30 per cento. Le grandi compagnie straniere che avrebbero dovuto affiancare le Fs non si sono viste. Lufthansa, dopo aver presentato un’offerta vincolante ai tempi del governo Gentiloni, ha fatto sapere che senza una drastica ristrutturazione dell’azienda non se ne parla. EasyJet si è defilata e l’americana Delta alla fine sarebbe disponibile a prendere solo una piccola quota (il 15 per cento).
A questo punto, in vista della scadenza del termine per mettere in piedi una cordata che raggiunga il cento per cento, ecco i rumors sul gruppo Benetton (altro protagonista della cordata patriottica di Berlusconi), che controlla gli aeroporti romani. Ma i Benetton, concessionari con Atlantia della Società Autostrade, sono al centro della tragedia del crollo del ponte Morandi e delle polemiche successive. Un loro ingresso in Alitalia sarebbe quindi un’ipotesi che per gran parte del M5S risulterebbe indigeribile. Ecco allora spuntare l’ipotesi Toto. In tal caso, l’imprenditore abruzzese, con una quota del 20/30 per cento, affiancherebbe le Fs (30 per cento), il Tesoro (15%), Delta (15%) e un paio di Fondi d’investimento per arrivare al 100 per cento del capitale.
Comunque vada a finire, è chiaro che si tratterà dell’ennesimo salvataggio Alitalia a carico dei contribuenti italiani. Come dimostrano alcune norme inserite nel recente Decreto crescita varato da governo gialloverde. Dove è sparito il termine (giugno 2019) fissato a suo tempo per la restituzione del prestito ponte di 900 milioni che ha consentito all’Alitalia gestita dai commissari fallimentari di continuare a volare in perdita.
Ma c’è anche l’articolo 37 che renderebbe possibile attingere fondi alla “Cassa elettrica” anche per finanziare la nuova operazione Alitalia. Quindi gli italiani pagherebbero il loro pedaggio con la bolletta elettrica, dove c’è una voce “oneri di sistema” che serve a finanziare la ricca “Cassa dei servizi elettrici e ambientali”.