Washington getta nel panico le Borse mondiali. Donald Trump tra domenica 5 e lunedì 6 maggio ha affondato le Borse internazionali con una serie di micidiali tweet indirizzati contro la Cina. Il presidente degli Stati Uniti d’America ha minacciato di far salire i dazi su 200 miliardi di dollari di merci cinesi dal 10% al 25% da «venerdì prossimo».
Non solo. Altri 325 miliardi di dollari di beni di Pechino non tassati «lo saranno presto, al 25%». Trump ha puntato il dito contro le trattative commerciali con la Repubblica Popolare Cinese: vanno troppo a rilento e «cercano di ritrattare. No!». Ma se il presidente fa solo un discorso di politica economica e commerciale, nel Dipartimento di Stato degli Usa qualcuno, come riporta Il Corriere della Sera, fa un discorso ideologico dirompente. In sintesi: con la Cina il match è inevitabile, anzi è già in corso lo “scontro di civiltà”. La signora Kiron Skinner, direttrice della pianificazione politica del Dipartimento, ha tenuto una conferenza per dire che mentre quella con l’Unione Sovietica era una «competizione all’interno della famiglia occidentale, perché Marx era portatore di teorie europee, Pechino non è figlia della filosofia e della storia occidentale, quindi per la prima volta nella storia ci troviamo di fronte a un avversario Not Caucasian (non bianco)».
È scoppiato un terremoto. Lunedì 6 maggio la Borsa di Shanghai è crollata del 5,58%, quella di Shenzhen del 7,38%. Anche le piazze europee sono finite tutte in “rosso”, Milano è stata la peggiore perdendo l’1,63%. Wall Street, l’ultima a chiudere le contrattazioni, alla fine ha contenuto le perdite a meno 0,28%.
Il muro contro muro tra le due superpotenze mondiali mette paura ai mercati. E mette paura non tanto “la trattativa al rialzo” di Trump quanto la tesi dello “scontro di civiltà”. Su un braccio di ferro economico si può arrivare ad una mediazione, ma se c’è uno “scontro di civiltà” si apre una voragine di contrasti politici difficilmente colmabile.
Per fortuna lo “scontro di civiltà” tra Occidente e Oriente è una teoria sbagliata o quantomeno, estremamente ardita soprattutto per due motivi. Primo motivo: le idee di Carlo Marx hanno dato vita non solo alla rivoluzione comunista dell’Unione Sovietica (crollata nel 1991) ma anche a quella cinese. La lezione europea di Marx, però, è ancora viva e vitale nell’ex Celeste Impero: Xi Jinping, presidente della Repubblica Popolare e segretario del Partito Comunista Cinese (e i suoi predecessori degli ultimi 40 anni) sono riusciti finora a coniugare la dittatura a partito unico con una economia ipercapitalista. E sia le teorie comuniste sia quelle capitaliste sono di matrice europea.
Secondo motivo: Gesù Cristo non era di etnia bianca e caucasica, ma ebrea-palestinese. Tuttavia la sua rivoluzionaria religione dell’amore e del perdono ha conquistato gran parte del mondo e, in particolare, è stata una delle basi fondamentali della civiltà europea.
Ma forse Trump, come in molti altri casi, più semplicemente è il presidente populista che spara grosso per poi poter rettificare il tiro e spuntare una intesa più conveniente per gli Usa nei prossimi negoziati con il Dragone. Forse non è un caso se lunedì mentre le altre Borse sono andate in forte “rosso”, la piazza di New York ha perso appena lo 0,28%. Da mercoledì 8 maggio ripartono a Washington i negoziati Usa-Cina sui dazi, la risposta è in arrivo.