Perù, una delle perle dell’America Latina. È uno sconfinato paese nel quale la natura e la storia sono riusciti a convogliare deserti, laghi, vulcani, la Foresta Amazzonica, le altissime Ande, i resti archeologici di antiche civiltà misteriose. Il paese degli Incas, il principale impero del Sud America prima della conquista degli spagnoli, ha sempre affascinato ed affascina per le sue meraviglie e le sue contraddizioni. La popolazione discendente dagli Incas convive con quelle di radici europee, asiatiche ed africane. Claudio Magrini, 32 anni, giovane consulente di un’azienda informatica, ha scritto un diario di viaggio delle due settimane trascorse nel sud del Perù. Un viaggio affrontato con pochi mezzi e grandissimo entusiasmo.
Per raggiungere il lago Titicaca avremmo dovuto attraversare le impervie cime delle Ande con i suoi vulcani e i suoi paesaggi meravigliosi. Questa volta, non essendoci linee di autobus dirette che percorrono la tratta Chivay-Puno, ci siamo dovuti accontentare di un bus turistico che, a parte qualche tappa intermedia, ci assicurava lo stesso l’arrivo a Puno, capoluogo dell’omonima regione, in 5/6 ore. In particolare, la tratta attraversa la zona dei vulcani “Misti” (5.820 mt) e “Chachani” (6.075 mt) attestandosi a circa 5.000 metri sul mare per consentirci di entrare in contatto con un paesaggio lunare.
La nostra prossima tappa, Puno, è una cittadina di 120.000 abitanti situata sulla sponda occidentale del lago Titicaca. Punto di partenza ideale per le escursioni sul lago e per noi un comodo punto di sosta nel nostro viaggio verso Cuzco e la Valle Sacra di Machu Picchu. Il Titicaca, il luogo di nascita del sole, secondo la mitologia andina, è il lago più grande del Sud America e il bacino navigabile più alto del mondo (si trova infatti a 3.900 metri sopra il livello del mare). Anche qui ci sono diverse ipotesi sull’etimologia del nome Titicaca: l’ipotesi più accreditata sostiene che derivi da Titi ovvero gatto o puma e kaka, cioè pietra. Il tutto significherebbe quindi puma di pietra, in quanto dall’alto, il lago avrebbe la forma di un puma a caccia. Resta da comprendere come gli indigeni del luogo siano stati in grado di vedere il puma di pietra dall’alto. Ma questa è un’altra storia…
Affascinante e misterioso, questo lago è da sempre stato la culla delle culture degli altopiani. In epoca pre-incaica si stabilirono in questa regione popolazioni differenti quali Pukara, Tiwanaku e Colla e i loro discendenti sono ben amalgamati nel tessuto sociale di questa zona. Oggi la regione è una distesa di cattedrali in rovina, desolati altopiani e campi da coltivare con la maestosità delle Ande sullo sfondo.
Il lago è condiviso con la confinante Bolivia (60% appartiene al Perù e il restante 40% alla Bolivia).
Verso metà mattina partono le nostre escursioni per le isole di Uros a bordo di imbarcazioni che consentono di arrivare sulle isole in poco meno di 30 minuti. I primi Uros si sono spostati dalle sponde del lago Titicaca, per sfuggire ai loro vicini bellicosi, gli Incas. Qui gli Uros (in lingua Quechua vuol dire “mai domati”), costruiscono le isole galleggianti sfruttando la totora, una tipologia di vegetazione che cresce abbondante sui fondali bassi del lago e che loro usano in tutte le maniere: dalla costruzione delle isole sulle quali vivono alle capanne, dalle imbarcazioni fino a cibarsene della parte più tenera.
Arrivati sulle isole veniamo accolti dalla popolazione locale: abituati a parlare con i turisti, ci raccontano un po’ di storia del lago e ci invitano a visitare le capanne nelle quali vivono. Nella successiva isola, ci chiedono una mano per spostare una capanna da un punto all’altro dell’isola facendo scivolare la capanna su un sistema di carrucole e tubi di totora. Eravamo io, Roberto, un israeliano, un’argentina e una colombiana. È finita a bere cerveza, ridere e scherzare tutti insieme, perché gli Uros e i peruviani in generale, sono così: sempre pronti ad un break per socializzare o scherzare. Finiamo il giro sulle isole e ci buttiamo sull’organizzazione della prossima tappa del nostro viaggio: Puma Punku.
Puma Punku si trova all’interno del sito archeologico di Tiwanaku, 70 km da La Paz (Bolivia). Dal terminal dei bus di Puno partono dei colectivos che in 2 ore ti portano a una delle tre frontiere con la Bolivia, la città di Desaguadero. I colectivos sono dei minibus privati che percorrono sempre la stessa tratta, partendo e arrivando in un punto prestabilito fermandosi semplicemente “a chiamata”. Non hanno orari in quanto partono quando si riempiono e forniscono un’opportunità per stare a contatto con la gente del posto. Arrivati alla frontiera prendiamo un taxi locale (in realtà era un triciclo) fino alla stazione da dove partono i colectivos che in poco meno di un’ora raggiungono Tiwanaku.
In Aymara, il nome vuol dire “Porta del Puma”. Puma Punku fa parte del complesso archeologico di Tiwanaku, eppure la sua natura continua ad essere un mistero. La datazione del complesso Puma Punku è ancora oggetto di dibattito tra i ricercatori: si pensa sia stato costruito molto prima di Tiwanaku (5-600 a.C) e uno dei più grandi studiosi del sito pensa addirittura 12.000 anni fa. Impressionante e sconvolgente al tempo stesso è la perfezione nella lavorazione e levigazione di enormi pietre monolitiche (alcune arrivano a pesare 130 tonnellate) e l’utilizzo della pigmentazione: sono stati ritrovati infatti alcuni colori tra cui il rosso, il verde, il blu. Il sito continua ad affascinare per la recente scoperta di una camera segreta a 4 metri di profondità, probabilmente una tomba.
Concordiamo con delle signore del posto il ritorno a Desaguadero. Così verso metà pomeriggio siamo già sulla via del ritorno a Puno, è pur sempre una città di frontiera e non avevamo nessuna intenzione di tornare di sera. E poi il giorno dopo sarebbe stato il giorno in cui saremmo arrivati nell’antica capitale dell’impero Inca: Cuzco.
Quinto articolo – Segue